martedì 15 maggio 2007

Robert D. Rupert - “Representation in Extended Cognitive Systems: Does the Scaffolding of Language Extend the Mind?”

Robert D. Rupert,
“Representation in Extended Cognitive Systems: Does the Scaffolding of Language Extend the Mind?”.
In R. Menary (ed.), The Extended Mind, di prossima pubblicazione Ashgate.



L'articolo originale può essere scaricato qui.

Non tento un riassunto completo dell'articolo perché è molto lungo, piuttosto contorto e mi sembra che le idee fondamentali siano già presenti in “The Bounds of Cognition” di Adams & Aizawa, 2001 (vedi mia scheda) .


Alcuni autori come Dennett e Clark ritengono che l’uso del linguaggio, come un sistema di segni e suoni esterni all’organismo, creano menti che si estendono al di fuori dei confini dell’organismo umano.

Questa saggio vuole dimostrare che - malgrado il linguaggio influenzi notevolmente i nostri pensieri – non esistono basi convincenti per questa “language-based inference”.

Gli argomenti a favore della mente estesa si basano su una versione di ciò che chiamo “dependance reasoning”: se il pensiero (attività mentale, cognizione) dipende da un fattore X in qualche senso chiaro e forte, allora X è letteralmente una parte del sistema cognitivo del pensatore. [Cio che A&A chiamano “coupling-constitution fallacy”].
Ma questo modo di pensare suscita due perplessità:
  1. questo ragionamento basato sulla dipendenza non è affatto affidabile e le condizioni necessarie per farlo valere nel caso del linguaggio si dimostrano infondate;
  2. i sistemi cognitivi estesi formano un insieme troppo confuso per essere oggetto di scienza e presuppongono l’esistenza di sistemi cognitivi non estesi.

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