lunedì 30 aprile 2007

On Distinguishing Epistemic from Pragmatic Action

On Distinguishing Epistemic from Pragmatic Action
David Kirsh e Paul Maglio
Cognitive Science 18, 513-549 (1994)


Il testo completo può essere trovato qui.
Articolo originalmente citato da Clark & Chalmers nel loro saggio (mia sheda) su Analisys che dà l’avvio alla discussione sulla Mente Estesa. Mi sembra che abbia un grande interesse sia all’interno di tale discussione sia in una prospettiva un po’ meno angusta.
Ha un’importanza enorme per la mia ricerca.

K&M propongono di fare una distinzione tra due categorie di azioni che un agente può intraprendere:
  • Azioni pragmatiche
  • Intraprese per modificare il mondo per raggiungere un obiettivo pratico desiderato.

  • Azioni epistemiche
  • Intraprese per modificare il mondo per ricavare informazioni su di esso e migliorare lo stato computazionale-informativo del soggetto

Molte azioni che possono viste come irrazionali, casuali o dispendiose se considerate solo dal punto di vista dell’effetto che producono sul mondo fisico, acquistano un tutto altro significato quando vengono considerate alterazioni dell’ambiente per estrarne informazioni e modificare lo stato informativo del soggetto.

Un’azione può essere considerata epistemica quando
  1. riduce la memoria necessaria alla computazione mentale
  2. riduce il numero di passi necessari alla computazione mentale
  3. riduce la probabilità di errore della computazione mentale.

Il concetto di azione epistemica, di azione intrapresa nel mondo esterno per risparmiare risorse o rendere più efficace una computazione esterna non è poi così inusuale. Basta pensare alla manipolazione di simboli esterni nella computazioni matematiche, alla movimento effettivo del pezzo che un giocatore inesperto di scacchi preferisce fare per prevederne gli effetti, il nastro che ci leghiamo al dito per ricordarci di qualcosa, la prima cernita dei pezzi di un puzzle per favorirne l’identificazione, ecc. Ma non sempre è stata data sufficiente attenzione alla interazione tra momento cognitivo momento motorio nella costruzione dei modelli.
Ci sono tre principali ragioni per aver scelto il gioco del Tetris per questo studio: è un gioco veloce che richiede rapide decisioni percettive e cognitive; è facile distinguere le azioni pragmatiche da quelle epistemiche; è divertente e ci sono molti soggetti che si prestano.


Un modello classico dell’elaborazione informativa

Quattro fasi fondamentali:
  1. creazione di una rappresentazione iniziale (bitmap) delle caratteristiche della situazione attuale
  2. codificazione della rappresentazione bitmap in una rappresentazione simbolica più compatta
  3. calcolare del luogo migliore dove piazzare il pezzo (zoide)
  4. calcolare la sequenza di mosse per piazzare il pezzo.
Tale modello è completamente sequenziale, il sistema di controllo dei muscoli non può ricevere segnali prima che la formulazione del piano sia completato.

Questo modello non è realistico e i dati raccolti lo contraddicono apertamente.
Sono state registrate moltissime rotazioni e traslazioni, spesso fin dal primo momento in cui uno zoide compare sullo schermo. E’ chiaro che i giocatori, spesso i più esperti, iniziano a ruotare i pezzi prima di potuto formulare un piano o anche prima di averli potuti identificare.
Si potrebbe salvare questo modello dicendo che le azioni pragmatiche iniziano prima che si abbia un piano completo per risparmiare tempo (interleaving). Ma l’interleaving ha senso solo in un contesto altamente imprevedibile e dinamico (il Tetris non lo è) e i costi di una falsa partenza nel Tetris sono più alti di quelli di una attesa.

Secondo K&M il fallimento di modello di pianificazione classico o con interleaving nello spiegare il dato delle extra rotazioni è una diretta conseguenza dell’assunzione che le azioni siano sempre pragmatiche; credere che l’unica ragione per cui si agisce e di modificare lo stato di cose in vista dell’obiettivo finale. Secondo questa posizione tradizionale le azioni controllate dalla fase 4 non possono mai iniziare prima che la fase 3 sia conclusa o per aiutare il riconoscimento della fase 2. In questa posizione la cognizione è necessaria per l’azione intelligente, ma l’azione non è mai necessaria per la cognizione intelligente.

Ma secondo K&M è necessario riconoscere che spesso un’azione viene compiuta con lo scopo di metterci nella posizione di riconoscere, calcolare, meglio; il tempo che ci serve a compiere una o due rotazioni può essere risparmiato nel momento della decisione.

L’uso epistemico delle rotazioni e delle traslazioni

Le rotazioni servono principalmente per:
  1. ricavare immediate informazioni sul pezzo
    Zoidi entrano una cella alla volta, ambigui. Rotazione aiuta ad identificarli prima che siano emersi completamente. I dati mostrano che zoidi ambigui per forma e posizione vengono ruotati più spesso.
  2. Risparmiare “energie” nella rotazione di immagini mentali.
    La rotazione fisica di 90° di uno zoide richiede circa 100ms; la stessa rotazione mentale circa 800-1200ms.
    Ma oltre al tempo è necessario prendere in considerazione il carico computazionale e la affidabilità della rotazione mentale.
  3. semplificare il processo di accoppiamento tra contorno e pezzo
    E’ giustifica presupporre che l’accoppiamento avvenga nella memoria di lavoro? Potrebbe avvenire a seguito di un processo percettivo; nella fase 2 e non nella 3. E la rotazione potrebbe fornire il giusto input per il riconoscimento percettivo.

Le traslazioni servono principalmente per:
  1. rendere sicuro il dropping
    I dati mostrano che più i pezzi vengono fatti cadere dall’alto (più possibilità d’errore) più il dropping viene fatto precedere da un rapido spostamento del pezzo sul bordo e un successivo riposizionamento. Questo ovviamente è un costo in termini di movimento effettivo, ma una maggiore sicurezza nel computo della colonna esatta.


Conclusioni

Spesso un giocatore non intraprende un’azione per migliorare il compito nell’ambiente esterno, ma per mettersi in una posizione cognitiva migliore. Le azioni epistemiche hanno lo scopo di modificare il sistema d’elaborazione dell’informazione del soggetto; rappresentano “trucchi” con cui ottenere pezzi d’informazione a basso costo.
Sarebbe quindi bene pensare a modelli d’elaborazione dell’informazioni che mettano le varie unità funzionale nel soggetto in un più stretto rapporto con il mondo esterno.
Per esempio l’unità che presiede all’attenzione e al riconoscimento dovrebbe essere in grado di attivare direttamente il sistema motorio senza passare per la fase 3 o 4.
Nella modellizzazione ci dovremmo sempre chiedere “quali azioni un agente potrebbe compiere per rendere il suo compito più fattibile, più facilmente computabile?”. Pensare che spesso il soggetto può servirsi direttamente del mondo per i suoi compiti cognitivi che non debbono avvenire sempre in un mondo rappresentato all’interno del soggetto. Pensiamo per esempio alla semplificazione dei propri calcoli che il giocatore inesperto di scacchi ottiene modificando effettivamente la scacchiera (spostando il pezzo che intende muovere), invece di calcolare utto nelal propria testa. Ma modelli del genere rappresentano un allontanamento da quelli ortodossi in scienza cognitiva.
Molte azioni vengono intraprese non per l’effetto che hanno sul mondo ma per l’effetto che hanno su di noi.


venerdì 27 aprile 2007

Conferenza di Cellucci su "Origine, scopi e natura della conoscenza"

Venerdì 20 aprile 2007 ho seguito la conferenza del prof. Carlo Cellucci, "Origine, scopi e natura della conoscenza", all’interno del ciclo Naturalismo e natura umana organizzato dall’Università ROMA TRE


Celluci ha iniziato la sua analisi fissando un obiettivo polemico, la definizione di conoscenza sostenuta dalla filosofia analitica, o meglio da uno dei principali rappresentanti attuali di tale corrente filosofica, così come espressa in M. Williams, Problems of Knowledge, Oxford University Press, 2001.

Secondo Williams, la conoscenza è sempre
• proposizionale
• consapevole
• i suoi contenuti devono sempre essere in relazione logica e razionale tra loro
Quindi
• la conoscenza percettiva non è conoscenza
• animali non hanno conoscenza

Ma il problema non è “che cosa è la conoscenza?”, ma “quale posto occupa la conoscenza nella natura?”.
Bisogna svolgere un’analisi descrittiva e non normativa.

La conoscenza è un fenomeno naturale
La conoscenza è presente in tutti gli organismi.
La conoscenza, a differenza di una lunga tradizione di pensiero da Aristotele a Slick, non è fine a se stessa e senza scopo.
Non rappresenta ciò che ci differenzia dalle altre specie.

Fin negli organismi più semplici, più antichi e più diffusi - i precarioti – troviamo una forma seppur semplice di conoscenza. Troviamo sensori che registrano modificazioni nell’ambiente ed effettori che modifica il comportamento dell’organismo. Quindi la conoscenza è presentaa anche in organismi senza sistema nervoso, organismi unicellulari.

Man mano che le risposte alle modificazioni dell’ambiente saranno più complesse, anche la conoscenza, e l’elaborazione tra i dati in ingresso e quelli in uscita, sarà più complessa.

La conoscenza svolge un ruolo biologico favorendo il maggior successo evolutivo degli organismi in grado di confrontare con successo il proprio ambiente.

Grazie all’evoluzione culturale gli uomini sono oggi costretti a dedicare meno risorse ai bisogni della sopravvivenza biologica, ma tali bisogni rimangono e lo scopo principale della conoscenza è sempre la sopravvivenza.

Anche gli animali presentano delle capacità matematiche (conoscenze del tempo e dello spazio in cui vivono) molto sofisticate che l’evoluzione naturale ha programmato in esse.

Le conoscenze matematiche di base che gli organismi incorporano dipende dal tipo di ambiente in cui tali organismi si sono sviluppati.

La conoscenza è la risoluzione dei problemi con il metodo analitico. (Platone)
La conoscenza con il metodo analitico è un processo aperto potenzialmente infinito in cui un problema viene risolto a partire dalla formulazione di un’ipotesi.

Il processo della scoperta scientifica non è irrazionale come ritiene la filosofia analitica e il compito della filosofia non solo quello di giustificare delle conoscenze che si conoscono per altre vie.

La filosofia della matematica del ‘900 sposa una concezione della conoscenza di tipo aristotelico che ritiene solo la dimostrazioni di teoremi a partire da assiomi sia il metodo della scienza.

martedì 17 aprile 2007

Massimo Marraffa, Filosofia della psicologia, Laterza, Bari, 2003

(Scheda del libro)

Molto chiaro, compatto e ben scritto. Offre una buona panoramica sui problemi della filosofia della psicologia e dei rapporti tra psicologia del senso comune e psicologia cognitiva.

Pur sembrando una rassegna introduttiva è molto - forse troppo - denso. Mi chiedo quanto possa essere abbordabile da un lettore digiuno di questi argomenti.

A me è servito per “mettere in fila” vari nozioni già conosciute e per richiamare la mia attenzione su altre.

  • La psicologia cognitiva nasce negli anni settanta e fiorisce negli anni ottanta come risposta al fallimento del comportamentismo e della teoria dell’identità dei tipi.
  • La psicologia cognitiva, affermando che la relazione tra mondo e mente è mediata da idee dotate di proprietà semantiche e causali, può esser considerata l’erede della tradizione empirista, anche se all’associazionismo sostituisce la relazione computazionale e sintattica tra idee.
  • La necessità di avere una chiara formulazione della psicologia del senso comune (Da bravi eterofenomenolghi direbbe Dennett). Dovrei dare un’occhiata a
    1. C. Meini, La psicologia ingenua, McGrow-Hill, Milano 2001
    2. Morton, Frames of Mind, Oxford University Press, Oxford, 1980 (per il nome Teoria della teoria)
    3. Lewis, D.K., Psychophysical and theoretical identification, in “Australasian Journal of Philosophy”, 50, pp.249-58, 1972
  • Teoria della teoria. La capacità di attribuire stati intenzionali è il prodotto della maturazione endogena di stati innati (Baron-Cohen, Lesile, Spelke) o si sviluppa nell’infanzia con una dinamica simile a quella delle teorie scientifiche(Perner, Gopnik, Welmann)?
    1. Secondo Perner, J. [Understending the Representational Mind, MIT Press, Cambridge, 1991] il bambino impara a comprendere le proprietà di rappresentazioni pubbliche (fotografie, disegni, mappe e soprattutto proferimenti o iscrizioni linguistiche); solo in un secondo momento estende, per analogia, queste proprietà alle rappresentazioni mentali.
    2. Carey, S. e Spelke, E. [Science and core knowledge, in “Philosophy of Science”, 63, pagg. 515-533], la nozione di rappresentazione mentale è nettaemnte distinta e non derivate dalla nozione di rappresentazione pubblica. Un bambino scon un processo graduale arrichhisce una base di conoscenze innate e specifiche al doninio psicologico. Modulo chomskiano. Ricorda la conferenza tenuta a Roma.
  • Centralità e onnipresenza di Fodor per comprendere il funzionalismo. Si sapeva, ma ancora di più mi ha convinto di doverlo leggere direttamente. Forse solo
    • The Language of Thought
    • Psychosemantics,
    • Fodor, Jerry, A. in Companion to the Philosophy of Mind, Blackwell, Oxford, 1994
    • Cain, M.J., Fodor. Language, Mind and Philosophy, Polity Press, Cambridge, 2002
  • L’ipotesi che la mente/cervello sia una macchina guidata dalla sintassi, le cui transizioni di stato soddisfano criteri semantici di coerenza, costituisce il fondamento del cognitivismo classico (Fodor e Pylyshyn, Connectionism and cognitive architecture: A critical analysis, in “Cognition”, 28, pp. 3-71, 1988)
  • Alla ricerca del omuncolo semantico
  • Non avevo riflettuto abbastanza sulle relazioni tra modularità e meccanicismo. Modularità = scomponibilità = analisi = computazionalità = sintassi. Più un sistema è modulare più è riproducibile da un computer.
  • Relazioni tra scomposizione funzionale e localizzazione.
  • Marr, D., Vision: A Computational Investigation into the Human Representation and Processing of Visual Information, Freeman, San Francisco, 1982 come esempio canonico di computazionalismo.
  • Moduli chomskiani: data base inerti. Moduli computazionali e chomskiani – computazionali. Moduli fodoriani.
  • L’antibiologismo tipico del funzionalismo si indebolisce con gli sviluppi delle neuroscienze negli anni ’90.
  • Buona illustrazione succinta del connessionismo.
  • Due tipi di rappresentazioni di concetti in una rete connessionista.
    • Le unità su cui sono distribuite le rappresentati dei concetti sono a loro volta rappresentazioni dei tratti distintivi del concetto. Quindi tutte le unità hanno un contenuto semantico. Rappresentazioni simboliche
    • Le unità su cui sono distribuite le rappresentati dei concetti non sono valutabili semanticamente. Rappresentazioni subsimboliche.

Edoardo Boncinelli: Mente biologica e mente culturale

Oggi 17 aprile 2007, alle ore ore 11 nell'Aula I della Facoltà di Ingegneria, ho partecipato alla conferenza di Edoardo Boncinelli "Mente biologica e mente culturale" all'interno del ciclo INCONTRI AL CHIOSTRO.

Boncinelli come sempre è molto chiaro e brillante.
Ha esposto alcune sue idee sulla mente e sulla coscienza.

Per esempio divide la coscienza in tre tipi:
  1. L'autoconsapevolezza. Che è posseduta da qualsiasi organismo e può essere studiata solo in terza persona con i metodi del comportamentismo.
  2. La coscienza condivisa. Che è tipica degli uomini e che è resa possibile dal linguaggio.
  3. La coscienza fenomenica. Che probabilmente non è studiabile scientificamente.

Boncinelli propone la metafora della coscienza come collo di bottiglia sieriale. Alcuni dei processi che avvengono in noi inmodo parallelo entrano in questo collo di bottiglia seriale e diventano coscienti. La permanenza degli eventi in questo collo di bottiglia dura tra il 1/4 di secondo ai 20 secondi, con una media di 3 secondi. Equivale alla durata della memoria di lavoro.
[non mi sembra però una idea molto nuova]

Propone anche una correlazione tra ampiezza della memoria di lavoro e intelligenza, in un individuo. Interessante approfondire. Intelligenza come capacità di stabilire collegamenti, più tempo, più collegamenti.

Nell'illustrare l'elaborazione parallela, mi sembra che incorra nella stessa imprecisione di Searle. Quello che è interessante nell'elaborazione parallela non è la maggiore velocità grazie alla suddivisione di un compito su più processori. Ma la connessione che si stabilisce tra le varie unità, che non sarà necessariamente solo unidirezionale, ma potrà collegare un'unità con una successiva, una posta allo stesso livello o anche a livello precedente.

Boncinelli si chiede anche quanto la scrittura (tipica serialità) abbia contribuito a forgiare il nostro modo di pensare.

Secondo Boncinelli due idee hanno, recentemente, contribuito enormemente a condizionare il nostro modo di pensare:
  1. l'idea di macchina (macanè, stratagemma). Il successo delle macchine ha spinto la cultura occidentale a spiegare tutto in termini di macchine. E dalla macchine esterne si è passati alle macchine interne, biologiche: corpo e mente come macchine.
  2. l'idea di tempo. Il tempo non misura nulla nel mondo e nel nostro cervello, è una nostra invenzione. Che però ci domina.
E' vero che la serialità è presente anche nel parlare, ma con scrittura, orologio e computer abbiamo spronato la serialità.

Secondo Boncinelli nel pronunciare una dopo l'altra le sillabe di una parola restringiamo il campo delle possibili sillabe successive.
Non mi sembra molto plausibile, dovrebbe esserci una velocità di pronuncia differente tra una parola e l'altra a seconda del numero di possibilità che si presentano in 2 o 3 battuta nella pronuncia delle due parole.

La scrittura nel passato non erano separate da spazi o segni grafici. Verificare.

mercoledì 4 aprile 2007

PSICOBIOLOGIA E NEUROSCIENZE

Ho iniziato a seguire il corso del prof. Alfredo Brancucci di introduzione alle neuroscienze, come adempimento alle consegne di dottorato e come completamento delle conoscenze di base necessarie alla mia ricerca.

Il corso semestrale è iniziato il 2 marzo e avrà cadenza settimanale fino al 23 aprile, per poi seguitare con cadenza bisettimanale.

Gli orari delle lezioni sono i seguenti:

Lunedì: 8.30-9.30
Venerdì:17.30-19.30

La descrizione del corso può essere trovata qui.

Il libro di testo è John P.J. Pinel, Psicobiologia, Editore il Mulino, 2000
Ma spero di poterne approfittare per leggere (parzialmente rileggere) P. Churchland, Neurophilosophy e qualcosa altro.

Incontro con Simone Gozzano

Venerdì 23 marzo 2007 ho partecipato all'incontro con
Simone Gozzano (Università di L'Aquila) su
"Le condizioni di naturalità della natura umana" all'interno del ciclo NATURALISMO E NATURA UMANA organizzato dalla Università Roma TRE.

Simone ha spiegato perchè secondo lui è necessario tornare ad una teoria dell'identità per spiegare il dolore e perchè questa noziene della psicologia del senso comune è troppo vasta per tenere assieme vari fenomeni diversi.