martedì 15 maggio 2007

Richard Menary - “Attacking the Bounds of Cognition”

Richard Menary,
“Attacking the Bounds of Cognition”,
Philosophical Psychology, Vol. 19, n. III, giugno 2006


riassunto dell'articolo che mi sembra completo, chiaro e ben struturato.


Introduzione

Menary vuole contrastare gli attacchi recentemente mossi (A&A, Rupert) contro una ridefinizione dei confini della cognizione (Clark). Menary ritiene che l’ipotesi della mente estesa sia parte di un progetto più radicale che chiama “integrazione cognitiva”, cioè l’idea che veicoli e processi interni ed esterni siano integrati in un tutto.



Cos’è l’integrazione cognitiva

L’integrazione cognitiva sposa le tesi seguenti:
  • Manipolazione
    Spesso l’agente porta a termine un “compito cognitivo” manipolando veicoli esterni nell’ambiente, in modo individuale o cooperativo. [Nome da M. Rowlands, The body in the mind, Cambridge, Cambridge University Press, 1999]
  • Mente ibrida
    La cognizione deve essere intesa come integrazione tra veicoli/processi interni e esterni
  • Trasformazione
    La nostra capacità di manipolare oggetti esterni è frutto di una trasformazione, un apprendimento, una pratica che abbiamo imparato a svolgere.
  • Norme cognitive
    La nostra capacità appresa di manipolazione di oggetti esterni è incomprensibile se non si tengono presenti le norme che sono imparate ad applicare (si pensi alle notazioni matematiche)

La tesi della manipolazione è quello più spesso sottoposta a critica da parte degli internalisti. Questi ultimo concedono che spesso la manipolazione di veicoli esterni come diagrammi o simboli matematici siano importanti nello svolgere compiti cognitivi ma non ritengono che essi costituiscano un processo cognitivo.

Ci sono tre classi di manipolazione:
  1. casi biologici di accoppiamento.
    Come fenotipo esteso o visione animata. (Ballard, Gibson, O’Regan & Noe)
  2. casi di azioni epistemiche.
    (Kirsh & Maglio, Clark)
  3. casi di pratiche cognitive.
    Forse il più importante. Algoritmi matematici. (Rumelhart & McClelland)
Le critiche degli internalisti si focalizzano solo sulla natura dei veicoli e processi esterni e non tengono sufficientemente conto della loro integrazione con quelli interni.


La “fallacia dell’accoppiamento costituzione”

A&A in “Defending the Bounds of Cognition” (vedi mia scheda) espongono questa fallacia che secondo loro viene commessa dalla maggior parte dei teorici della mente estesa.

Il fatto che X sia accoppiato a un agente cognitivo Y non implica che X sia parte dell’apparato cognitivo dell’agenteY. E’ invece la natura di X che determina se è cognitivo o meno. Le uniche entità che sono intrinsecamente cognitive sono i cervelli, quindi gli artefatti non sono parte della cognizione.

Questa conclusione, secondo Menary, è tratta però da una interpretazione semplicistica del Principio di Parità (Clark) che deve essere inteso più come una pompa di intuizione che come un argomento. Gli integrazionisti dovrebbero resistere all’immagine offerta dalla critica di A&A, poiché è essa stessa una forma residua di internalismo, dal momento che ipotizza l’esistenza di un agente cognitivo Y già formato e ben individuato prima dell’accoppiamento con X. L’agente Y sorge in virtù della manipolazione di X. Otto è un agente cognitivo in grado di ricordare proprio perché il suo blocco note forma un unico sistema insieme ai suoi processi interni.

Gli errori di A&A e di Rupert sono:
  • ritenere che con la tesi della manipolazione accoppi un artefatto ad un agente cognitivo preesistente;
  • ritenere che il principio di parità implichi una somiglianza tra processi interni ed esterni, che invece possono essere molto diversi.


La condizione del contenuto intrinseco

A&A affermano che un processo per essere considerato cognitivo deve contenere almeno qualche contenuto non-derivato, intrinseco. I veicoli esterni non hanno contenuto intrinseco, ma contenuto convenzionalmente determinato, quindi non possono essere cognitivi. C’è una chiara differenza tra stati cerebrali che sono intrinsecamente intenzionali e parole, immagini che hanno solo intenzionalità derivata. A&A continuano dicendo che esistono rappresentazioni mentali sia di oggetti naturali (come alberi e rocce), sia di oggetti sociali/artefatti (come parole, segnali stradali, ecc); entrambe queste rappresentazioni mentali non hanno contenuto convenzionale. Per esempio, i cerchi di Eulero hanno un significato convenzionale, ma la rappresentazione mentale che me faccio hanno un significato naturale, non convenzionale, come quello di un sasso.

Ma questa divisione tra significato naturale e convenzionale restringe in modo esagerato le operazioni cognitive che possiamo svolgere, infatti le operazioni nella nostra testa sui cerchi di Eulero non avrebbero il significato normalmente attribuitegli (dal momento che per A&A un significato convenzionale non può essere nella testa) e le operazioni sui cerchi di Eulero sulla carta non sarebbero cognitive (poiché si svolgono su significato convenzionale e non naturale secondo A&A).

Le cose non stanno chiaramente così, e sembra davvero una testardaggine rifiutare di accettare nel campo della cognizione tutta una serie di risorse che abbiamo imparato ad usare semplicemente perché illoro significato è stabilito in modo convenzionale.

Non sembra quindi che la distinzione intrinseco-convenzionale di A&A sia davvero utile; e l’integrazionista può tranquillamente affermare che i processi cognitivi si servono sia di veicoli con contenuto intrinseco sia di veicoli con contenuto convenzionale.


La scienza cognitiva estesa non è affatto una scienza

Secondo gli oppositori della tesi della mente estesa, i processi cognitivi basati sul cervello e gli strumenti esterni verrebbero a formare un insieme troppo disomogeneo e numeroso per formare l’oggetto di una seria indagine scientifica. Per esempio, nel caso di Otto, le sue presunte credenze potrebbero essere implementate in un vastissimo numero di media (notebook, CD, PC, ecc.) malgrado il loro ruolo funzionale simile.

Menary ritiene che qui c’è una confusione tra media e veicolo. La credenza è un veicolo. E il veicolo nel caso di Otto svolge lo stesso ruolo funzionale del veicolo biologico di Inga. [di nuovo in una visione funzionalista ci può essere una realizzabilità multipla].

L’integrazionista dovrebbe sostenere tranquillamente con A&A e Rupert che i processi cognitivi che utilizzano veicoli esterno sono effettivamente differenti da quelli che utilizzano solo veicoli interni (altrimenti perché dovremmo usare veicoli esterni?). Ma questo non significa che i processi con veicoli esterni non siano cognitivi o che formino un insieme troppo disomogeneo. Il modo in cui Otto usa il suo blocco note non è simile al modo in cui Inga usa la sua memoria biologica. Ma Otto e il suo blocco note formano un unico sistema cognitivo come Inga e la sua memoria biologica.

Conclusioni
  • L’integrazione cognitiva non sostiene una esternalizzazione di ciò che già c’è nella testa.
  • La manipolazione di veicoli interni è differente dalla manipolazione di veicoli esterni.
  • L’integrazione di veicoli esterni ed interni forma l’unità oggetto di studio della scienza cognitiva.
  • I veicoli esterni non vengono accoppiati a soggetti cognitivi già formati. Il soggetto nasce da tale accoppiamento.
  • La spiegazione del modo in cui vengono integrati veicoli esterni ed interni deve essere dinamica.
  • È importante spiegare come impariamo a manipolare veicoli esterni anche in accordo con norme cognitive.
  • L’integrazione cognitiva è un progetto più ampio della tesi della mente estesa.

3 commenti:

valerio ha detto...

ora hai un lettore in più ;-)

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

Perche non:)