venerdì 11 maggio 2007

Andy Clark - “Memento's Revenge: The Extended Mind, Extended”

Andy Clark,
“Memento's Revenge: The Extended Mind, Extended”.
In R. Menary (a cura di), The Extended Mind, Ashgate, di prossima pubblicazione.
(scheda dell'articolo)

L'articolo originale può essere trovato qui.

Leonard, l'eroe del film Memento, soffre di amnesia anterograda e non può crearsi nuove memorie. Usando tatuaggi, polaroid, appunti, ecc. riuscirà a comportarsi in modo quasi normale e raggiungere i suoi scopi?

Clark, come Leonard, pensa che non tutte le credenze di una persona devono necessariamente trovarsi nella sua testa.
In questo saggio ritorna sulla sua teoria esposta insieme a Chalmers nel 1998 (vedi mia scheda) e cerca di difenderla contro le obiezioni che
  1. insistono sulla differenza tra il (presunto) contenuto intrinseco dei simboli neurali e il contenuto meramente derivato delle iscrizioni esterne;
  2. pretendono di demarcare i domini scientifici tramite specie naturali;
  3. alludono ad un luogo ultimo in cui si svolge il controllo dell'agente;
  4. sottolineano una differenza tra percezione e introspezione.

Tetris e Otto
Clark riassume i due casi di studio proposti nell'articolo originale, con qualche piccolissima variazione e qualche migliore specificazione. Ribadisce le differenze tra il suo esternalismo e quello di Putnam. Ribadisce la differenza tra mentale e cosciente e quindi concede che gli stati mentali coscienti siano solo quelli nella testa, ma che nulla impedisce a processi mentali inconsci di svolgersi fuori della testa. Riafferma i criteri che i candidati non biologici all'inclusione nel sistema cognitivo di un individuo devono soddisfare:
1. la risorsa deve essere sicuramente disponibile e normalmente usata;
2. l'informazione così recuperata deve essere accettata più o meno automaticamente;
3. le informazioni devono essere facilmente accessibili quando necessarie.
Un'obiezione apparentemente plausibile già affrontata e su cui Clark ritorna è quella che afferma che
“Otto crede solo che il suo blocco note contiene l'indirizzo. Quindi questa credenza (passo 1), lo porta a guardare nel blocco (passo 2) e quindi si forma la credenza che il MOMA è nella 53rd street.”.
Ma lo stesso si potrebbe dire di Inga, “Ella crede che nella sua memoria c'è l'indirizzo (passo 1), la sua memoria le fornisce l'indirizzo (passo 2) e ...”. Perché, giustamente, ci rifiutiamo di complicare le cose in questo modo con Inga? Perché ci rifiutiamo di parlare di credenze sulla memoria? Perché lei la usa in modo trasparente; e lo stesso potrebbe avvenire per Otto, quando il suo blocco diventa una sua seconda natura.
[Questa osservazione, per quanto possa osservare forzata, mi sembra molto importante e va nella stessa direzione di Merlin Donald e Donald Malcom. Di nuovo il problema fondamentale delle tecnologie è quello delle interfacce, della loro trasparenza!]


Contenuto Intrinseco

Viene riesposta la tesi sostenuta da A&A in The Bounds of Cognition (vedi mia scheda) sulla differenza tra contenuto intrinseco, non-derivato degli stati neuronali e contenuto derivato, convenzionale dei media esterni. Mentre A&A ritengono che per essere considerato parte del processo mentale di un individuo, una entità o un processo devono avere contenuto intrinseco, Clark ritiene di no (ammesso che esista qualcosa come il contenuto intrinseco).

Segue l’analisi del caso di qualcuno che pensa ai diagrammi di Venn. Secondo Clark dovrebbe rappresentare un caso di contenuto genuino, non-derivato, ma convenzionale; cosa che compromette la solidità concettuale del contenuto intrinseco.

Infine Clark accusa A&A di vacuità, dal momento che asseriscono “… non è ben chiaro in che misura ogni stato cognitivo di ogni processo cognitivo deve implicare contenuto non-derivato”. Cosa che secondo lui mette fine alla discussione.


Tipologie scientifiche e somiglianza funzionale

In questa sezione Clark cerca di contrastare l’accusa di A&A in “The Bounds of Cognition” che l’ipotesi transcranica raccolga sotto l’etichetta di ‘cognitivo’ una moltitudine di cose che hanno poco in comune dal punto di vista dei sottostanti processi causali. Dopo alcune affermazioni di scarso conto e che mi sembra lascino il tempo che trovano, Clark arriva al punto – a mio avviso –importante. Non è importante che i processi di Otto e Inga siano identici o simili, in termini di implementazione; quello che conta è il loro ruolo funzionale, il modo in cui l’informazione guida il ragionamento e il comportamento. Ciò che conta è il ruolo sistemico. Questo è funzionalismo e non comportamentismo. [realizzabilità multipla e funzionalismo]

Sul controllo

Butler [Internal Affairs: A Critique Of Externalism In The Philosophy Of Mind. Dordrecht, Kluwer. 1998] sostiene che sebbene elementi esterni possano partecipare ai processi di controllo e scelta, in fin dei conti è sempre il cervello biologico a dire l’ultima parola.

Questa preoccupazione lascia intendere che Butler, come gran parte degli oppositori della teoria della mente estesa, è in qualche modo ancora prigioniero dell’idea che esista all’interno della testa una ultima “stanza dei bottoni” con cui identificare il proprio sé. Ma restringere il proprio sé a tale luogo privilegiato da una parte metterebbe su uno stesso piano sia i blocco note di Otto sia il normale sistema di memoria a lungo termine, dall’altra separerebbe l’identità personale dell’agente dall’intero corpo delle sue memorie e attitudini disposizionali che guidavano il comportamento.

Percezione e sviluppo

Un’obiezione che Butler e altri fanno è che Inga usa l’introspezione mentre Otto la percezione per recuperare le proprie memorie.
Ma secondo Clark i processi interbi di Otto e il suo blocco note costituiscono un unico esteso sistema cognitivo e rispetto a questo sistema, il flusso d’informazione è completamente interno e funzionalmente simile all’introspezione. Anche le possibilità di errore di Otto o di Inga sono da questo punto di vista più simili di quanto a prima vista si potrebbe pensare.


Percezione, inganno e spazio conteso

Kim Sterelny [Prossima pubblicazione “Externalism, Epistemic Artefacts and the Extended Mind” R Schantz (ed) The Externalist Challenge: New Studies on Cognition and Intentionality (de Gruyter, Berlin and NY)] ha avanzato un’osservazione interessante, che però non indebolisce la prospettiva della mente estesa.

Sterelny concorda sul fatto che spesso gli uomini si servono di strumenti epistemici che operano in uno spazio aperto e conteso, ma questo significa che le possibilità di inganno e sabotaggio sono sempre in agguato e quindi il carico computazione sui nudi cervelli viene in realtà accresciuto dal momento che si deve tener conto di tale possibilità. Sotto la guaina biologica, sostiene Sterelny, l’informazione fluisce all’interno di una comunità di parti cooperanti la cui affidabilità è stata selezionata dall’evoluzione, ma quando ci affacciamo alla superficie le cose cambiano drasticamente; i sistemi percettivi sono ottimizzati per i loro compiti, ma devono tener conto del fatto che i segnali su cui si basano provengono da uno spazio pubblico popolato da organismi che spesso hanno interesse a nascondere la loro presenza, ingannare, manipolare per accrescere la loro possibilità di sopravvivenza. I sistemi percettivi operano in un ambiente pieno d’inganni e quindi devono sviluppare strategie per evitare tali inganni e manipolazioni.

Secondo Clark il punto di Sterelny è interessante ma andrebbe rovesciato; le possibilità d’inganno nascono proprio dal fatto che normalmente trattiamo l’ambiente come una fonte stabile e affidabile di informazione che può sostituire gli ambienti interni nella maggior parte dei casi.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

Bella bibliografia.