giovedì 15 marzo 2007

Merlin Donald, L’evoluzione della mente

(scheda del libro)
Merlin Donald, L’evoluzione della mente. Per una teoria darwininana della coscienza. Garzanti Milano, 2004
(titolo originale Origins of the modern mind, President and Fellows of Harward College, 1991)


Libro molto vasto e interessante, ma che mi sembra metta insieme fin troppe cose (alcune delle quali non so bene quanto fondate). Alcuni dei molti argomenti vengono affrontati troppo sbrigativamente, vengono citati molti studi ma di cui è difficile comprendere a pieno la portata e valutarne l’autorevolezza. Sembra un po’ il libro di un brillante ed erudito autodidatta che per costruire la sua originale ma un po’ eccentrica teoria prende a piene mai un po’ da per tutto . Comunque è sicuramente molto suggestivo e offre molti spunti di riflessione.

La tesi principale del libro è che la mente dell’uomo attuale si sia evoluta da quella dei primati attraverso una serie di grandi adattamenti, ognuno dei quali portò alla comparsa di un nuovo sistema rappresentativo. Ciascun nuovo sistema di rappresentazioni successivo si è conservato intatto nell’architettura mentale attuale: la nostra mente è quindi un mosaico delle vestigia cognitive dei primi stadi dell’evoluzione umana. La nostra mente non è una tabula rasa; la moderna struttura rappresentativa della mente umana racchiude in sé le conquiste sia di tutti i nostri progenitori ominidi sia di alcune specie di scimmie antropomorfe.

La comprensione della architettura cognitiva dell’uomo attuale è intimamente legata alla comprensione del processo evolutivo della cognizione umana.

Alcune delle struttura neuropsicologiche osservate nell’uomo attuale possono essere interpretate come il prodotto dell’evoluzione biologica e altre come l’imposizione di vincoli culturali e tecnologici sulla maturazione e sulla crescita neuropsicologica.

L’autore ipotizza che il passaggio dalle scimmie antropomorfe all’uomo moderno abbia implicato tre grandi transizioni:
  1. Dalla cultura delle scimmie antropomorfe e delle australopitecine a quella del Homo Erectus.
  2. Dalla cultura di Homo Erectus a quella di Homo Sapiens
  3. Il passaggio dall’oralità alla scrittura e la creazione della memoria esterna.


Cronologia dei mutamenti anatomici e culturali

La cultura episodica dei primati
  • La cultura delle antropomorfe è sottovalutata: hanno facoltà intellettive ricche e differenziate.
  • Gli scimpanzé possono riconoscersi allo specchio, i gorilla no.
  • Hanno una forma di coscienza e autorappresentazione.
  • Percepiscono eventi e situazioni (neuroni specchio?)
  • Occasionalmente sanno servirsi di strumenti e possono essere addestrati all’uso di segni (soprattutto ASL)
    • Non hanno impedimenti di carattere motorio o percettivo all’utilizzazione del linguaggio dei segni
    • Possono apprendere e usare anche due o tre segni insieme ma non vanno oltre
    • Il loro uso del linguaggio dei segni li rende delle perfette esecutrici skinneriane.
  • Ma non usano naturalmente segni e non sono in grado di inventare spontaneamente né segni né simboli.
  • Hanno capacità di vocalizzazione limitate
  • Non producono manufatti culturali duraturi e la loro cultura è statica e stereotipata
  • Il loro comportamento, sebbene complesso, appare non riflessivo, concreto, legato al contesto situazionale. La loro vita è vissuta interamente nel presente come una serie di episodi concreti (sembra il primo stadio dello stato di natura di Rousseau)

Viene fatta una distinzione che non ho capito bene tra memoria episodica e memoria procedurale.


La prima transizione: dalla cultura episodica alla cultura mimica
  • La cultura mimica è la prima cultura inequivocabilmente umana.
  • Essa sorge con Homo Erectus. Mentre non viene dato un posto particolare a Homo Abilis. Infatti è con Homo Erectus che si hanno grandi cambiamenti:
    • Uso di una varietà di sofisticati strumenti.
    • Espansione fuori della nicchia ecologica africana a tutto il continente eurasiatico.
    • Vaste aggregazione sociali per la cooperazione (per es. caccia)
    • Uso controllato del fuoco e cottura dei cibi
  • Per la formulazione delle caratteristiche della cultura mimica e delle capacità cognitive in assenza di linguaggio Donald fa spesso riferimento ai bambini in età preverbale, ai sordomuti analfabeti del passato, al caso di Frate John. In questi casi è presente:
    • Comunicazione intenzionale, rappresentazione mimica e gestuale, percezione categoriale, comprensione dei rapporti sociali, sofisticate capacità comunicative
  • E’ uno stadio fondamentale di passaggio tra la cultura delle antropomorfe alla cultura dell’uomo moderno. Viene chiamata mimetica dalla sua forma di rappresentazione predominante.
  • Le caratteristiche fondamentali della cultura mimica sono:
    • Capacità di inventare rappresentazioni intenzionali (anche autorappresentazioni [?]).
    • Le rappresentazioni mimetiche possono essere scomposte e ricomposte (generativismo)
    • Gli atti mimici sono pubblici e possiedono potenzialità intrinseche di comunicazione (comunicativa).
    • Capacità di distinguere l’atto mimico dal suo referente (riferimento).
    • Le rappresentazioni mimetiche possono modellare un numero illimitato di singoli eventi percettivi.
    • Le azioni mimiche sono riproducibili sulla base di stimoli interiori (endogenesi)
  • I portati di una cultura mimica sono:
    • Condivisione della conoscenza.
    • Addestramento, giochi, pedagogia
    • Coordinamento e suddivisione del lavoro
    • Ritualità
    • Capacità di riprodurre eventi e di rappresentarne la struttura
    • Estesa rappresentazione di sé e conseguente miglioramento del controllo motorio a livello conscio.
  • Mimica facciale e mimica vocale come casi particolari della cultura mimica.
    • Aumento dei muscoli facciali, aumento della capacità mimiche facciali
    • Il controllo volontario delle espressioni facciali dipende probabilmente da sensazioni propriocettive.
    • Controllo prosodico della voce come precedente logico di quello fonologico
    • Mimica vocale e facciale mezzo principale per espressioni delle emozioni
  • Il sistema di controllo mimico concepito come un centro di controllo superordinato, non direttamente motorio, è piuttosto un programmatore di azioni spiccatamente astratto. Ingloba, conserva, incapsula la rappresentazione episodica.
  • La rappresentazione mimica rispetto a quella del linguaggio simbolico è più lenta, limitata, ambigua. Ma serve a funzioni differenti ed è tuttora più efficiente per la diffusione di un certo tipo di conoscenza.

La seconda transizione: dalla cultura mimica alla cultura mitica
  • Tutte le popolazioni umane attuali possiedono il linguaggio verbale e una capacità semiotica altamente sviluppati.
  • Vantaggi evolutivi del linguaggio. Non tanto nell’adattamento all’ambiente (IV glaciazione) ma nella competizione fra sottospecie.
    • Una sola sottospecie dell’intera linea evolutiva ominide è sopravvissuta. A differenza degli altri mammiferi in cui più sottospecie possono coesistere in nicchie diverse, la specie umana a lungo non tollera altre sottospecie.
    • Interessante. E’ possibile misurare la distanza di homo sapiens dai suoi simili più prossimi e stabilire se tale distanza è decisamente maggiore di quella tra altre specie e sottospecie di mammiferi?
  • Per capire i vantaggi evolutivi del linguaggio è utile delineare i suoi primi usi.
    • In società molto primitive tecnologicamente notiamo linguaggi altamente sofisticati.
    • Fa da arbitro sociale.
    • Facilita la coordinazione delle attività tra vari individui.
    • Permette la condivisione di certe conoscenze pratiche.
    • Serve per la concertazione di piani e per decisioni collettive.
    • E’ invece di utilità limitata in molte attività pratiche, come l’industria litica in cui si impara più per imitazione. Provate a spiegare a qualcuno a parole come fare un nodo!
    • Nelle società tribali, il più elevato uso del linguaggio è nell’area dell’invenzione mitica, cioè nella costruzione di “modelli” concettuali dell’universo.
  • Mito si sviluppa assieme al concetto di causalità.
  • Il mito costituisce un tentativo di fornire spiegazioni causali, di predire, e di esercitare un’azione di controllo, e permea ogni aspetto della vita.
  • Quindi, benché utile come strumento sociale e tecnologico, il linguaggio venne utilizzato dapprincipio per la costruzione di modelli concettuali dell’universo umano; per permettere un pensiero integrato, una grande sintesi unificatrice di quelli che fino ad allora erano stati frammenti di informazione isolati.
  • L’uomo biologicamente moderno sviluppò il linguaggio in risposta alla pressante necessità di migliorare il proprio apparato concettuale, e non viceversa. [come pensano invece Dennett, Cimatti, ed altri].
  • I simboli linguistici arbitrari sono probabilmente derivati da un livello precedente e cioè la standardizzazione delle prestazioni mimiche, e cioè il gesto.
    • Gesti emblematici
    • Variano tra culture
    • Gesticolamento linguistico
  • Bruner distingue tra pensiero narrativo e pensiero paradigmatico. Quello narrativo si è sviluppato prima di quello scientifico e logico.
  • L’invenzione simbolica permette l’integrazione del repertorio eterogeneo e concreto della cultura mimica sotto il dominio della mitologia.
  • La costruzione di simboli ha richiesto:
    • Un adattamento dell’apparato fonologico (discesa della laringe, glottide più elastica, controllo volontario della respirazione [solo gli uomini lo fanno?]
    • Affinamenti nel sistema uditivo (retroazione nella regolazione del linguaggio, “reificazione” dei suoni)
    • Loop articolatorio.

La terza transizione: immagazzinamento dei simboli nella memoria esterna e cultura teoretica
  • La terza transizione è molto recente. Con essa si sviluppano caratteristiche che sembrano essere assenti nelle culture precedenti:
    • L’invenzione grafica
    • La memoria esterna
    • La costruzione di teorie.
  • A differenza delle prime due transizioni che dipesero da un cambiamento biologico, la terza transizione dipese da un cambiamento tecnologico.
  • L’invenzione grafica inverte l’importanza relativa di vista e udito.
  • Con la terza transizione si inizia a sviluppare il pensiero teoretico-scientifico, che ha sempre come primo passo un carattere antimitico. Le argomentazioni formali, la tassonomia sistematica, l’induzione, la deduzione, la verifica, la quantificazione, la teorizzazione sono tutti frutti della invenzione della scrittura.
  • La nuova cultura ha un’esistenza esterna alla mente biologica dell’individuo.
  • Caverne dipinte: non per abitare, temi fondamentali: caccia e fertilità (contiguità congruenza con pensiero mitico)
  • Importanza degli elenchi alla base dello sviluppo del pensiero teoretico. Gli elenchi funzionano molto meglio per iscritto che verbalmente.
  • La tecnologia della scrittura, sia quella cuneiforme, sia quella geroglifica, sia quella ideografica era all’inizio molto complessa.
    • Scribi piccolissima minoranza
    • Capaci di avere e gestire nella memoria biologica molte nozioni per l’uso di quella esterna.
    • Il 15 % delle tavolette cuneiformi ritrovate contengono elenchi lessicali di esercitazione per gli scribi.
  • Compito degli scribi non era solo quello di rendere il suono in forma scritta. All’inizio c’era una forte indipendenza tra le due.
  • Con l’alfabeto si ha un’enorme semplificazione e si crea uno stretto rapporto tra ciò che viene detto e ciò che viene scritto
  • Nella moderna cultura umana, coloro che svolgono attività intellettuale impiegano quasi sempre materiale simbolico esterno.
  • L’importanza dell’educazione e ella pedagogia nel formare individui in grado di usare l’enorme memoria esterna.
  • Nessuna spiegazione della capacità umana di pensiero che ignori la simbiosi tra memoria biologica e memoria esterna può essere considerata soddisfacente.


Cosa mi sembra interessante
  • Il tentativo di delineare una successione di architetture cognitive nella storia degli ominidi che si implementano uno sull’altra, con ognuna che supera e conserva quelle precedenti.
    • Una sorta di archeologia cognitiva.
    • Molte assonanze con il tentativo altrettanto suggestivo di Jaynes, anche se quest’ultimo si limita alla storia recente di homo sapiens (dopo neolitico) e questo forse era un suo limite.
    • Malgrado l’enorme diversità di ambito, mi sembra che si siano assonanze anche con l’architettura della sussunzione di Brooks nella costruzione di robot intelligenti.
  • La proposta di inserire una lunga e fondamentale modalità cognitiva tra quella delle scimmie antropomorfe e quella di homo sapiens.
    • Mi sembra importante cercare di delineare tutta una serie di abilità cognitive che si possano realizzare in assenza di linguaggio.
    • Assegnare al linguaggio la capacità di fondare tutte le differenza tra l’uomo e gli altri animali mi sembra una forzatura poco attraente dal punto di vista evoluzionistico e che assegna al linguaggio un ruolo quasi magico, cabalistico.
  • La centralità del concetto di rappresentazione nell’individuazione delle caratteristiche di ognuna delle culture ipotizzate.
    • Mi sembra essenziale approfondire il concetto di rappresentazione e le sue “sottospecie”
    • Rompere l’equivalenza tra rappresentazione e rappresentazione simbolica.
  • L’importanza e le caratteristiche della rappresentazione mimetica
  • La possibilità di cambiamenti nell’architettura cognitiva dovuti non solo o non tanto a cambiamenti biologici, ma a cambiamenti nell’utilizzazione “tecnologica” del hardware biologico.
  • Il mutamento intervenuto con la scrittura e la creazione della memoria esterna.
    • Il tema della simbiosi tra interno ed esterno nell’attuale cognizione umana.
  • Il carattere “non trasparente” della tecnologia scrittura ai suoi inizi; la possibilità di applicare ad essa le due fasi di sviluppo (infanzia/maturità, prodotti centrati sulla tecnologia/prodotti centrati sull’uomo) di cui parla Donald Norman.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Gent.mo,
chiederei una cortesia.
Sulla base delle considerazioni prospettate da Donald, è possibile pervenire ad una sintesi concettuale che illustri efficacemente il nostro modo di percepire il mondo e di rappresentarcelo?
Esiste un testo, in particolare, che affronti questo tema?
In attesa,
grazie. Fausto

Fiorella Cerami ha detto...

Caro Professor Colasanti ho trovato molto utile il lavoro fatto sul testo di M.Donald. veramente titanico, Perchè il testo è davvero corposo. Mi sembra strano il suo commento in rosso sulla difficoltà a discernere tra memoria episodica e memoria procedurale. Ma memoria procedurale è una memoria implicita, che non può e non c'è bisogno per usarla di ricordare per singoli eventi e che una volta acquisita in genere non lascia spazio alla memoria che la precedeva. Provi ad esempio a ricordare com'era quando non aveva ancora imparato a controllare i movimenti del corpo e poi a camminare o a scrivere. Si tratta di modelli di movimento appresi e sviluppati attraverso un esperienza ripetuta che poi viene generalizzata. in genere appartiene a qualunque animale dotato di movimento e da origine a capacità specie specifiche di interazione con l'ambiente. La memoria episodica è già una forma più evoluta di memoria collegata alla memoria conscia ed i singoli episodi possono essere riportati in vità se possiamo dire così dalla esperienza attuale. è presente sembra in animali più evoluti come ci dice lo stesso Donald dagli uccelli ai mammiferi. ma penso che ad esempio anche il Polipo ne sia dotato. Presumibilmente si accompagna alla comparsa di un nucleo di consapevolezza di sè più evoluto del precedente.