venerdì 28 settembre 2007

Relazione finale per corso di Psicobiologia e Neuroscienze

Per adempiere ai miei obblighi di dottorato, nel secondo semestre dell'anno accademico 2006-07, ho seguito il corso di Psicobiologia e Neuroscienze, tenuto dal Prof. Alfredo Brancucci "Introduzione alle neuroscienze" e alla fine ho scritto la seguente relazione.

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La rilevanza per la mia ricerca di dottorato delle ricerche psicobiologiche sul sistema sensori-motorio e sul sistema dei neuroni specchio negli uomini e negli altri primati

Introduzione

Questo breve elaborato viene presentato a conclusione del corso di Psicobiologia
e Neuroscienze che ho seguito nel secondo semestre dell'anno accademico 2006-2007.

Invece di tirare le somme, con un breve saggio riassuntivo, di un aspetto filosoficamente importante degli argomenti studiati, mi sembra più interessante delineare alcune linee di indagine, che mi ripropongo di sondare ed eventualmente approfondire, utili per la mia ricerca di dottorato. Quindi le considerazioni che svolgerò hanno un carattere solo provvisorio e congetturale.

La mia ricerca di dottorato intende analizzare il concetto di rappresentazione mentale e mostrare come questo concetto così centrale nella stragrande maggioranza delle concezioni di filosofia della mente debba subire un profondo ripensamento che ne limiti l'ubiquità e ne ridefinisca la natura. Varie indagini nel campo della nuova scienza cognitiva ci spingono a ritenere che un agente razionale possa operare nel proprio ambiente senza ricorrere a rappresentazioni interne degli oggetti circostanti, collegando direttamente gli input sensoriali agli output motori; oppure che possa portare a termine delle attività cognitive non elaborando rappresentazioni interne ma manipolando dei veicoli esterni al proprio cervello; o ancora che l'attività percettiva sia fortemente collegata all'attività motoria ed elaborativa e quindi non abbiano senso le tradizionali divisioni tra conoscenza e azione e tra percezione e riflessione (sulle rappresentazioni); infine che anche quando si continui ad utilizzare le rappresentazioni interne esse siano spesso distribuite e non simboliche.

La mente e la conoscenza devono sempre essere incorporate e integrate nell'ambiente fisico e sociale; il concetto di rappresentazione mentale deve subire contemporaneamente un restringimento e un'estensione superando il tradizionale confine costituito dal cranio dell'individuo biologico.

Gli aspetti neurofisiologici su cui intendo soffermarmi sono le recenti ricerche sul sistema sensori-motorio e sul sistema dei neuroni specchio nelle scimmie e negli uomini. Per quanto riguarda il sistema sensori-motorio mi limiterò alle aree motorie corticali, tralasciando le vie motorie discendenti e i circuiti sensori-motori spinali.

Per decenni ha dominato l'idea che le aree motorie della corteccia cerebrale sarebbero destinate a compiti meramente esecutivi, privi di alcuna effettiva valenza percettiva e, meno che mai, cognitiva1. Ma oggi sappiamo che il sistema motorio è formato da un mosaico di aree frontali e parietali strettamente connesse con le aree visive, uditive, tattile e che tali aree svolgono anche un'attività classificatoria in grado di discriminare selettivamente i dati sensoriali2. Quindi il rigido confine tra processi percettivi, cognitivi e motori finisce per rivelarsi in gran parte artificioso: il cervello che agisce è anche un cervello che comprende3.

All'interno di alcune aree motorie sia delle scimmie sia degli esseri umani sono stati scoperti all'inizio degli anni Novanta alcuni neuroni che si attivano sia quando il soggetto svolge una determinata azione sia quando osserva un altro svolgere la stessa azione. Tali neuroni sono stati chiamati neuroni specchio4. Il punto interessante è che tali neuroni non rispondono a una sequenza di movimenti fisici, ma a dei veri e propri atti motori finalizzati, cioè a delle azioni. Si può quindi affermare che i neuroni specchio, all'interno del sistema motorio, sono alla base della nostra capacità di comprendere le intenzioni dei nostri simili.

  1. Rizzolatti G. e Sinigaglia C., So quel fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaele Cortina Editore, Milano, 2006. (pag. 2).
  2. Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit. (pag. 2).
  3. Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit. (pag. 3).
  4. Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit. (pag. 3).

Le linee di ricerca del mio dottorato

Come già affermato, quello di rappresentazione mentale è un concetto centrale nella stragrande maggioranza delle concezioni di filosofia della mente. Semplificando, sembra del tutto ragionevole che per poter conoscere, riflettere e agire nel mondo qualunque soggetto debba costruirsi un modello interno del mondo esterno; che tale modello sia composto di rappresentazioni mentali degli oggetti del mondo; che la riflessione sia un'elaborazione esercitata su tali rappresentazioni interne. Eppure è lecito sostenere che alla base di questo concetto ci siano delle difficoltà logiche ed empiriche che ne minano profondamente la solidità e che spingono la nuova scienza cognitiva a riformularne la natura e a limitarne fortemente l'ubiquità.

In primo luogo, non appare più così scontato che il cervello implementi le rappresentazioni mentali in modo simbolico. Il connessionismo ritiene che le rappresentazioni mentali siano implementate in modo distribuito su più unità-neuroni e che talvolta sia possibile far corrispondere ad ogni unità-neurone implicata un tratto determinato dell'oggetto rappresentato (rappresentazione distribuita simbolica), ma che altre volte tale corrispondenza non possa essere stabilita (rappresentazione distribuita sub-simbolica)5.

Per la robotica basata sul comportamento (behavior-based robotics)6, poi, è possibile costruire degli agenti che mostrano un comportamento intelligente senza far ricorso a esplicite rappresentazioni interne del mondo in cui si muovono. Tali agenti si basano su un'architettura (Subsumption Architecture) che implementa livelli via via più complessi uno sull'altro. Ogni livello è quasi completamente autonomo rispetto agli altri e genera un comportamento particolare collegando direttamente la percezione all'azione senza dover passare attraverso un elaboratore centrale. Che tali agenti siano davvero privi di rappresentazioni è stato messo in dubbio da alcuni critici della nuova robotica, infatti Toto7, uno degli agenti più sofisticati costruiti nell'Artificial Intelligence Laboratory del MIT, riesce a pianificare i suoi movimenti servendosi di una mappa interna dell'ambiente in cui opera; ma tale mappa è distribuita e costruita in base agli spostamenti precedenti, e non è possibile fare una distinzione tra la mappa e l'uso della mappa, tra il ragionamento e la mappa stessa; è lecito quindi affermare che sebbene ci sia una qualche forma di rappresentazione essa non è autonoma, isolabile e esplicita. L'intelligenza di tali robot, poi, è per il momento molto limitata – Brooks parla di un'intelligenza paragonabile a quella di un insetto – e resta una questione aperta fino a che grado di complessità sia possibile spingere tale architettura senza dover ricorrere a esplicite rappresentazioni interne.

Ma è nel termine stesso di 'rappresentazione' che si celano le ambiguità più insidiose. Infatti sembrerebbe che una rappresentazione sia una ri-presentazione all'interno della mente di qualcosa che è già presente ai sensi. Ma ripresentare a chi? E, poi, se qualcosa è già presente, che bisogno c'è di ripresentarlo? Dennett con la sua critica al Teatro Cartesiano8 ci dissuade dal pensare che esista un homunculus centrale a cui tutti i dati sensoriali vengano ri-presentati e ci invita invece a pensare a una pluralità di agenti elementari, ognuno dei quali riceve ed elabora un singolo aspetto di essi; tali agenti possono essere molto semplici, quasi indipendenti tra loro e svolgere i loro compiti alla maniera dei robot di Brooks. Per limitarsi alla sola visione, il fatto che nella corteccia cerebrale dei macachi siano state scoperte finora ben 31 aree visive ognuna specializzata nell'analisi di un diverso stimolo visivo9 dovrà pur significare qualcosa!

Ma sono le stesse separazioni tra sensazione e riflessione e tra conoscenza e azione che la scienza cognitiva classica eredita dall'empirismo seicentesco che devono essere messe in discussione. Il nostro sistema percettivo, infatti, non riproduce copie fedeli degli oggetti esterni che colpiscono i nostri sensi a beneficio di una successiva elaborazione, ma è esso stesso un sistema elaborativo che trascura alcuni aspetti dei dati e ne esalta degli altri svolgendo un'attività intrinsecamente creativa10. Inoltre, anche nella semplice conoscenza, un soggetto può svolgere delle azioni, delle manipolazioni degli oggetti nel suo ambiente, per portare a termine dei compiti cognitivi che sarebbero altrimenti impossibili o soltanto più difficili; egli svolge cioè delle 'azioni epistemiche'11. A tale proposito mi sono sembrati molto significativi: a) la ricerca di Kirsh e Maglio sulle modalità del gioco del Tetris12, che evidenzia come molti movimenti dei pezzi vengono effettuate non per realizzare effettivamente un posizionamento finale di essi (azione pragmatica), ma per conoscerne la natura o la posizione (azione epistemica); b) gli esperimenti di O'Regan e Noë sulla cecità al cambiamento (change blindness) e la loro teoria sullo natura essenzialmente sensori-motoria dell'esperienza visiva13 c) i già menzionati lavori di Brooks14 sulla costruzione di agenti intelligenti privi di rappresentazioni. Tutto ciò ci spinge a limitare il ricorso a immagini mentali nella spiegazione dell'attività cognitiva umana e a integrare in essa l'apparato sensori-motorio. La necessità di 'scaricare' ogni homuncolus dotato di qualche intelligenza residua sostituendolo con esecutori stupidi15 e considerazioni di economia computazionale sembrano consigliare di interrompere il processo di 'ripresentazione' il più presto possibile, e cioè al primo stadio della relazione tra soggetto e oggetti nel mondo. Per questi motivi i modelli dell'attività cognitiva che non tengono in giusto conto sia l'elaborazione che si svolge già a livello percettivo, sia la possibilità che il soggetto non si costruisca un rappresentazione interna degli oggetti esterni ma operi direttamente su essi, sia la stretta connessione tra la conoscenza e l'azione, danno una visione distorta del funzionamento della mente.

Queste ultime considerazioni mi hanno spinto a passare dalla riflessione sul concetto di rappresentazione a quella sul concetto di mente incorporata e di mente estesa.

Ovviamente anche i teorici della teoria computazional-rappresentativa della mente possono accettare tranquillamente che in ultima analisi la mente sia incorporata, che il soggetto interagisca in vario modo con l'ambiente, che gli aspetti sensoriali siano importanti; ma il modello cognitivo su cui si basano (Sensazione → Modello → Pianificazione → Azione) e il loro concentrarsi sulla fase interna della costruzione del modello e della pianificazione, tendono a trascurare la centralità dell'azione e della sensazione nella pianificazione stessa.

Secondo i sostenitori della tesi della mente estesa, la mente non è limitata dalla pelle e dal cranio, poiché in varie attività cognitive l'organismo umano è collegato con entità esterne in modo tale da creare un sistema accoppiato che può essere considerato un sistema cognitivo a tutti gli effetti. In un sistema del genere, tutte le componenti, sia interne che esterne, giocano un ruolo causale attivo e controllano collettivamente il comportamento. Rimuovendo una componente esterna, si avrà un decadimento delle competenze comportamentali del sistema, in modo non dissimile da quando si rimuove una parte del cervello. "Se, nello svolgere un determinato compito, una parte del mondo funziona come un processo, che se avvenisse nella testa, non avremmo esitazione a riconoscerlo come parte del processo cognitivo, allora quella parte del mondo è parte del processo cognitivo. I processi cognitivi non sono (tutti) nella testa!"16.

Il dibattito sulla tesi della mente estesa si concentra soprattutto sulla possibilità o meno di ritenere intrinsecamente cognitivi i processi e i veicoli esterni all'individuo biologico, e in particolare sulla possibilità che esistano delle genuine credenze dei soggetti che risiedono non su supporti cerebrali ma su supporti esterni. Ma al di là di questo problema che rischia di diventare una questione puramente essenzialista, il punto importante che i sostenitori espliciti o impliciti17 della tesi della mente estesa ci spingono a riconoscere è che nel corso dell'evoluzione gli esseri umani così come hanno imparato ad usare strumenti esterni per ampliare le loro capacità motorie, hanno anche imparato ad usare dei supporti esterni per ampliare le loro capacità cognitive. I supporti cognitivi, le tecnologie cognitive, i mind scaffoldings, che più spesso vengono citati sono il linguaggio, la scrittura, i disegni e i diagrammi, le notazioni e gli algoritmi matematici. Credo sia corretto ritenere che queste tecnologie cognitive abbiano creato un tipo di mente completamente nuovo e che quindi la mente umana attuale non sia semplicemente quella del homo sapiens prelinguistica + linguaggio + scrittura, + ecc., ma un nuovo sistema cognitivo che eredita ma supera i modelli cognitivi precedenti.

Quindi, escludere dal campo della nostra cognizione tutta una serie di risorse che abbiamo imparato ad usare semplicemente perché il loro significato non sarebbe intrinsecamente intenzionale ma stabilito in modo convenzionale sembra davvero una testardaggine che restringe in modo esagerato le operazioni cognitive che possiamo svolgere e sembra che abbia davvero ragione Donald quando afferma che "Nessuna spiegazione della capacità umana di pensiero che ignori la simbiosi tra memoria biologica e memoria esterna può essere considerata soddisfacente."18

Mi sono così trovato a dedicare una certa attenzione anche alle tematiche molto suggestive ma altamente congetturali dell'evoluzione cognitiva. Non credo che tale aspetto possa rientrare nella mia ricerca di dottorato ma alcuni argomenti mi sembrano molto interessanti

Per esempio, le teorie di Merlin Donald19 e di Terrence Deacon20, sull'origine del linguaggio oppure il paragone che può essere stabilito tra robotica basata sul comportamento e la programmazione orientata agli oggetti e la selezione naturale.

Secondo Donald, la mente dell'uomo attuale si è evoluta da quella dei primati attraverso una serie di grandi adattamenti, ognuno dei quali portò alla comparsa di un nuovo sistema rappresentativo. Ciascun nuovo sistema di rappresentazioni successivo si è conservato intatto nell'architettura mentale attuale: la nostra mente non è una tabula rasa ma un mosaico delle vestigia cognitive dei primi stadi dell'evoluzione umana. La moderna struttura rappresentativa della mente umana racchiude in sé le conquiste sia di tutti i nostri progenitori ominidi sia di alcune specie di scimmie antropomorfe. Dalla mente delle grandi scimmie antropomorfe si è passati alla prima mente e cultura tipicamente umane, quella di Homo Erectus che è essenzialmente una cultura mimica; la nascita del linguaggio simbolico ci porta alla mente e alla cultura mitiche di Homo Sapiens; infine con la nascita della scrittura e la capacità di immagazzinare simboli in una memoria esterna si arriva alla mente e alla cultura teoretiche. L'interesse della proposta di Donald consiste soprattutto nell'ipotesi di un lungo periodo di cultura mimetica precedente alla nascita del linguaggio e nell'importanza di un'evoluzione non biologica ma tecnologica come l'invenzione delle rappresentazioni visuografiche. Nella presentazione della cultura mimica, Donald individua una serie di caratteristiche delle rappresentazioni mimetiche che secondo lui sono alla basa anche del successivo sviluppo del linguaggio, e cioè l'intenzionalità, la generatività, la comunicatività, la referenzialità, l'illimitatività e l'endogenesi. Anche in assenza di linguaggio è quindi possibile una condivisione della conoscenza, un modellamento delle abitudini e delle gerarchie sociali, l'addestramento, il coordinamento e la suddivisione del lavoro, la capacità di riprodurre eventi e di rappresentarne la struttura

Per quanto riguarda il paragone tra evoluzione, robotica e programmazione orientata agli oggetti, alla somiglianza tra le prime due esplicitamente stabilita da Brooks21 stesso, vorrei aggiungerne un'altra con la programmazione orientata agli oggetti. Così come l'evoluzione naturale ha impiegato molto più tempo nella generazione degli organismi più semplici (entità unicellulari, prime piante, primi vertebrati, ecc.) che fossero in grado di reagire in modo semplice ma 'intelligente' alle sfide dell'ambiente, per poi impiegare sempre meno tempo nella generazione degli organismi man mano più complessi, così nella costruzione di robot intelligenti, i problemi più difficili sono quelli legati all'attività sensori-motoria e forse per la costruzione di robot davvero intelligenti non si dovrà attendere molto tempo una volta che questo primo passo sia stato portato a termine. In uno spirito simile si può fare un altro paragone tra la robotica basata sul comportamento e la programmazione orientata agli oggetti. Chiunque sia passato dalla programmazione procedurale alla programmazione agli oggetti si è stupito della facilità con cui si possono costruire programmi con oggetti molto complessi una volta che si siano prima realizzati gli oggetti costitutivi più elementari; sono questi ultimi i veri ossi duri e non quelli più complessi come si pensava a prima vista. Non mi sembra un caso inoltre che l'affermarsi di questo nuovo stile di programmazione avvenga negli stessi anni in cui Brooks e colleghi escogitavano il loro nuovo stile nel campo dell'IA.

  1. Rumelhart D. E e McClelland J.L.(eds.), Parallel Distributed Processing, MIT Press, Cambridge, 1986, (cap. 3 e 6) oppure Massimo Marraffa, Filosofia della psicologia, Laterza, Bari, 2003 (pag. 119-122).
  2. Brooks R. A., Cambrian Intelligence. The Early History of the New AI, The MIT Press, 1999
  3. Brooks R. A. e Mataric M., "Learning a Distributed Map Representation Based on Navigation Behavior" che ora costituisce il capitolo 3 di Cambrian Intelligence.
  4. Daniel Dennett, cit.
  5. Pinel J., Psicobiologia, Il Mulino, Bologna, 2000 (pag. 156)
  6. Pinel J, cit. (pag. 116).
  7. Vedi Kirsh D. e Maglio P., "On Distinguishing Epistemic from Pragmatic Action", Cognitive Science, 18, 1994, pagg. 513-549.
  8. Kirsh D. e Maglio P., cit.
  9. O'Regan K. e Noë A., "A sensorimotor account of vision and visual consciousness", in Behavioral and Brain Sciences, n. 24, (939-1031), 2001
  10. Brooks, cit.
  11. Cfr. Daniel Dennett, Sweet Dreams. Philosophical Obstacles to a Science of Consciousness, Bradford Books, MIT, 2005 (pag. 70)
  12. Clark, A. e Chalmers, D. J. , "The Extended Mind", Analysis 58, 1, 1998, pagg.7-19. (pag. 11)
  13. Tra i sostenitori espliciti della mente estesa possiamo annoverare Clark, Wilson, Hurley, Menary; tra quelli impliciti Dennett, Donald, Cellucci, Hutchins
  14. Donald, M., L'evoluzione della mente. Per una teoria darwiniana della conoscenza, Garzanti, Milano, 1996 (pag. 414)
  15. Donald, M., Opera citata.
  16. Deacon Terrence, La specie simbolica. Coevoluzione di linguaggio e cervello, Fioriti, Roma, 2001
  17. Brooks, cit.

Il sistema sensori-motorio

Una prima semplicistica classificazione delle principali aree corticali implicate nel controllo dei movimenti prevede22:

  1. La corteccia associativa parietale posteriore e la corteccia associativa prefrontale dorsolaterale
  2. La corteccia motoria primaria, posta nella parte posteriore del lobo frontale subito anteriormente al solco centrale
  3. La corteccia motoria secondaria, posta nella parte posteriore del lobo frontale subito anteriormente all'area motoria primaria.

Sempre semplificando, potremmo dire che queste aree svolgono le seguenti funzioni:

  • La corteccia associativa parietale posteriore
    • integra i dati visivi, uditivi e somatosensoriali che localizzano i nostri arti e gli oggetti che ci circondano
    • invia i propri segnali alla
      • corteccia associativa prefrontale dorsolaterale
      • corteccia motoria secondaria
  • La corteccia associativa prefrontale dorsolaterale
    • riceve dati dalla corteccia associativa parietale posteriore e dai lobi frontali presumibilmente legati a compiti cognitivi e motivazionali superiori
    • invia i propri segnali alla corteccia motoria secondaria
  • La corteccia motoria secondaria
    • riceve segnali dalla corteccia associativa parietale posteriore e dalla corteccia associativa prefrontale dorsolaterale
    • invia i propri segnali alla corteccia motoria primaria
  • La corteccia motoria primaria
    • riceve segnali dalla corteccia motoria secondaria
    • invia i propri segnali ai neuroni motori del midollo spinale

Recenti studi citoarchitettonici e funzionali hanno però imposto una classificazione più dettagliata, arrivando a individuare circa 12 aree motorie distinte nei primati.

Oltre alla corteccia associativa parietale posteriore e alla corteccia associativa prefrontale dorsolaterale è stata individuata un'altra area strettamente connessa alle aree motorie vere e proprie: la corteccia motoria del cingolo, di cui però non si conoscono ancora bene le funzioni.

Inoltre quella che un tempo veniva chiamata corteccia associativa parietale posteriore viene ora suddivisa in una molteplicità di aree indipendenti ciascuna delle quali appare deputata a elaborare determinati aspetti dell'informazione sensoriale e risulta connessa a effettori specifici. Ma la cosa più interessante è che i suoi neuroni non sono solo associativi ma presentano un'attività in connessione ad atti motori; quindi la sua integrazione nel sistema motorio vero e proprio è ancora più stretta di quanto si pensava.

La corteccia motoria primaria (MI) non viene più identificata con l'area 4 e parte dell'area 6 della mappa di Brodmann23, ma solo con l'area 4 (oppure con l'area F1, nella nomenclatura usata da Von Economo e Koskinas). È composta soprattutto da cellule piramidali e manca del IV strato di cellule granulari24. Si è a lungo discusso se MI guidi l'azione di singoli muscoli o di gruppi di muscoli; l'opinione più diffusa oggi è che sebbene sia in grado di influenzare il comportamento di singoli muscoli nella maggior parte dei casi guida l'azione di un gruppo di essi in vista di un movimento complesso. Come si sa già da tempo – basti pensare al homunculus di Penfield o al simiunculus di Woolsey della metà del Novecento– MI rappresenta somatotopicamente il corpo umano con una sproporzione a favore della bocca e delle mani.

La corteccia motoria secondaria (MII), corrispondente grosso modo all'area 6 di Brodmann, viene suddivisa in

  • corteccia premotoria, posta a fianco (anteriormente) a MI e come essa priva – del tutto o in parte - del IV strato di cellule granulari, ma anche di grandi cellule piramidali presenti invece in MI. Le sue proiezioni sono soprattutto verso l'area MI e scarsamente verso il midollo spinale. Poiché la corteccia premotoria non è uniforme né nella struttura né nelle funzioni viene divisa a sua volta in
    • area premotoria dorsale (PMD), composta dalle aree F2 e F7, richiede in genere una stimolazione elettrica più alta per generare attività motoria e i suoi neuroni sono attivi subito prima e durante il movimento degli arti, per cui si pensa che abbia un'importante funzione nella preparazione di un movimento.
    • area premotoria ventrale (PMV), composta dalle aree F4 e F5 (la prima in posizione dorso-caudale e la seconda in posizione ventro-rostrale all'interno di PMV), presenta un sottile strato IV granulare e richiede una bassa stimolazione elettrica per attivarsi. Non sembra sia in grado di guidare gli arti posteriori. Mentre F4 rappresenta il braccio, il collo e la faccia, F5 prevalentemente la mano e la bocca. Insieme sembrano avere un ruolo predominante nella coordinazione occhio-mano, in gesti quali il toccare, l'afferrare, il portare alla bocca.
    • Molti neuroni in F5 sono attivati non nel corso di movimenti fisici, ma in atti motori finalizzati. Una parte dei neuroni di PMV non è attiva solo agli atti motori, ma è sensibile anche a stimoli sensoriali. In particolare, alcuni neuroni di F5 presentano anche una sensibilità visiva e alcuni di quelli di F4 possono rispondere o a stimoli somatosensoriali o sia a stimoli somatosensoriali che visivi. E' interessante notare che i campi ricettivi visivi di questi ultimi neuroni non sono relativi alla retina, ma al corpo (e quindi si spostano con il braccio o la mano, anche se l'oggetto non si muove sulla retina).
      Negli esseri umani, parte di PMV dell'emisfero sinistro - conosciuta come area di Broca e specializzata nel controllo motorio del linguaggio - corrisponde grosso modo all'area F5 delle scimmie.
  • corteccia motoria supplementare, è una delle aree motorie da più tempo conosciute e sembra sia presente in molti mammiferi. È posta sulla superficie dorsale del lobo frontale mesiale in posizione rostrale rispetto a MI e si estende anche all'interno della scissura longitudinale. Anch'essa è granulare ed è composta principalmente da neuroni piramidali più piccoli di quelli di MI con cui presenta dense connessioni.

In conclusione, le relazioni di tutte queste aree rivelano un'elaborazione molto complessa sia gerarchica che parallela e con una forte segregazione funzionale. Mentre la corteccia primaria è implicata soprattutto nell'esecuzione di movimenti semplici e volontari, le altre aree (SMA, PMD, PMV), entrano in gioco soprattutto nell'elaborazione motoria di alto livello, come la preparazione e la programmazione di sequenze di movimenti e la coordinazione di movimenti complessi e bilaterali. Queste ultime aree interagiscono con MI e agiscono in parallelo con essa, si proiettano direttamente anche sul midollo spinale e il bulbo, riuscendo a inibire gli ordini provenienti da MI

A causa della molteplicità di strutture e di funzioni, il sistema motorio non può più essere confinato al ruolo di mero esecutore passivo di comandi originati altrove. La stretta integrazione tra le aree associative e il sistema motorio vero e proprio, le capacità del sistema premotorio di usare direttamente vari dati sensoriali diminuiscono l'importanza dell'individuazione del 'punto' in cui i 'comandi' vengono trasformati in movimenti e rendono il sistema motorio stesso in gran parte 'intelligente'.

  1. Questa classificazione e la seguente più dettagliata sono state fatte integrando informazioni da: a) Pinel J, cit.; b) Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit.; c) Kaas J. H. e Stepniewska I.,"Motor Cortex" in
    V. S. Ramachandran (ed.), Enciclopedia of the Human Brain, AP
  2. Come ritenevano Penfield e Woolsey.
  3. Anche l'area 6 di Brodmann manca delle cellule stellari o granulari e per questomotivo le due are insime vengono chiamate 'corteccia agranulare'


I neuroni specchio

Come già visto le aeree F4 e F5 della corteccia premotoria ventrale presentano alcune interessanti caratteristiche25:

  • La maggior parte dei neuroni dell'area F5 non codifica singoli movimenti fisici, bensì atti motori, cioè movimenti coordinati verso un fine specifico.

Molti neuroni di F5, infatti, si attivano quando la scimmia afferra, per esempio, un pezzetto di cibo, indipendentemente dal fatto che tale atto motorio sia eseguito con la mano destra o sinistra o addirittura con la bocca. E, lo stesso tipo di movimento, per esempio, flettere un dito, può attivare un neurone nell'atto di afferrare, ma non in quello di grattarsi.

  • Una parte dei neuroni in F5 risponde selettivamente anche a stimoli visivi. Alcuni scaricano durante un atto motorio, per esempio, afferrare un oggetto (neuroni motori), altri alla sola presentazione dell'oggetto, sia seguita che non seguita da afferramento (neuroni visuo-motori).
  • La maggior parte dei neuroni dell'area F4 non si attiva solo durante l'esecuzione di atti motori, ma risponde selettivamente anche a stimoli sensoriali. Questi neuroni possono essere divisi in tre classi:
    • Neuroni somatosensoriali

    Sensibili soprattutto a leggeri stimoli tattili superficiali e con campi recettivi localizzati sulla faccia, sul collo, sulle braccia e sulle mani.

    • Neuroni somatosensoriali e visivi (bimodali)

    Rispondono allo stimolo visivo solo se questo è presentato nelle vicinanze del loro campo recettivo, che in genere è molto limitato (40-50 cm). I campi ricettivi visivi non sono ancorati alla retina, ma ai rispettivi campi ricettivi somatosensoriali.

    • Neuroni somatosensoriali, visivi e auditivi (trimodali)
  • L'area F5 presenta una stretta e reciproca connessione con l'area intraparietale anteriore (AIP) i cui neuroni sono attivi durante i movimenti della mano. Anche molti di questi neuroni, come quelli di F5, possono essere a dominanza motoria, visuo-motori o a dominanza visiva.
  • L'area F4 riceve ricche afferenze dall'area intraparietale ventrale (VIP). I neuroni di VIP hanno proprietà simili a quelli di F4.

Per dare un senso a queste caratteristiche delle aree F4 e F5, Rizzolatti avanza le seguenti proposte:

  • Il fatto che alcuni neuroni in F5 rispondono anche solo alla presentazione di un oggetto può essere spiegato se ci rifacciamo alla nozione di affordance di Gibson26. Secondo Gibson, la percezione visiva di un oggetto comporta l'immediata e automatica selezione delle proprietà intrinseche che ci consentono di interagire con esso; cioè le opportunità pratiche che l'oggetto offre all'organismo che lo percepisce. L'informazione visiva viene immediatamente proposta dal circuito AIP-F5 come opportunità motoria, come atto potenziale.
  • Il fatto che alcuni neuroni di F5 siano sensibili a degli atti motori e non a singoli movimenti può essere spiegato ipotizzando che F5 si comporti come se fosse una sorta di vocabolario le cui parole sono le singole azioni e i singoli modi di realizzarle. Quando ci troviamo di fronte ad un oggetto con le sue affordance, F5 immediatamente seleziona nel suo vocabolario le modalità motorie con cui trattarlo.
  • Il fatto che i neuroni del circuito VIP-F4 siano sensibili solo agli stimoli visivi vicini e abbiano campi ricettivi codificati in coordinate somatiche, mentre quelli del sistema formato dall'area intraparietale laterale (LIP) e dai campi oculari frontali (FEF) siano sensibili a stimoli visivi indipendentemente dalla distanza e abbiano campi ricettivi codificati in coordinate retiniche, dimostra che non esiste un unico sistema di coordinate nel nostro cervello e che lo spazio intorno a noi viene diviso in uno spazio lontano e in uno spazio vicino, quest'ultimo è essenzialmente uno spazio "per l'azione".
  • Le esperienze psicomotorie della prima infanzia hanno un'importanza fondamentale nel selezionare sia le affordance, sia le modalità più utili per agire sugli oggetti. Nello stesso modo hanno un'importanza nel costruire (e misurare) lo spazio che ci circonda in base allo spazio "del nostro corpo".

Ma la proprietà più interessante dei neuroni dell'area F5 fu scoperta per caso durante una sperimentazione libera su delle scimmie agli inizi degli anni Novanta. Si è visto che alcuni neuroni di questa area erano attivi sia quando la scimmia effettuava una determinata azione, sia quando la scimmia osservava un altro individuo, un'altra scimmia o lo sperimentare, compiere quell'azione. Questi neuroni sono stati chiamati neuroni specchio (mirror neurons).

Le caratteristiche motorie dei neuroni specchio sono identiche a quelle dei neuroni canonici, ad essere diverse sono le caratteristiche visive, infatti i neuroni specchio:

  • non rispondono alla semplice presentazione dell'oggetto;
  • ma nel compiere una determinata azione, o nel vedere compiere una determinata azione da un altro;
  • non rispondono a gesti che mimano quell'azione;
  • la loro reattività non dipende dalla distanza in cui l'azione osservata si svolge.
  • ma, come i neuroni canonici di F5, rispondono selettivamente solo ad una determinata azione e/o a una determinata modalità di realizzazione di tale azione. Quindi si hanno neuroni specchio "afferrare", "tenere", ecc.

Studi successivi hanno confermato la presenza di neuroni specchio anche nell'uomo. Il sistema dei neuroni specchio nell'uomo appare più esteso che nelle scimmie, è in grado di codificare anche atti intransitivi, ed è inoltre in grado di selezionare anche la sequenza degli atti e anche un'azione soltanto mimata.

  1. le informazioni in questa sezione derivano da: a) Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit.; b) Rizzolatti G. e Craighero L.., "The Mirror-Neuron System" , Annu. Rev. Neurosci. 2004 27:169-92;
  2. Gibson J., The Ecological Approach to Visual Perception, Houghton Mifflin, Boston, 1979

Aspetti di interesse per i miei studi e la mia ricerca di dottorato

Come già detto nell'introduzione le considerazioni seguenti non vogliono avere nessun carattere di originalità o di assolutezza; rappresentano per me soltanto degli interessanti spunti da vagliare e approfondire, delle semplici ipotesi di lavoro a proposito delle quali ricevere, caso mai, utili commenti, stroncature e suggerimenti.

Agire e comprendere

Nella presentazione schematica delle linee di ricerca che sto seguendo ho sottolineato più volte la necessità di spiegare l'attività cognitiva umana in stretta connessione con la sua attività motoria: la conoscenza non può essere separata dall'azione; le azioni umane hanno spesso un carattere epistemico; la mente non può essere separata dal corpo che agisce e dal mondo su cui agisce; l'esperienza sensoriale è costruita in base al modo in cui interroghiamo il mondo; gli input sensoriali sono spesso collegati direttamente agli output motori riducendo l'importanza di un 'comandante in capo' nella mente/cervello.

A tale proposito mi erano sembrate interessanti sul piano più filosofico le riflessioni di Dennett27, su quello più dell'Intelligenza Artificiale i lavori di Brooks28 e su quello più psicologico le ricerche di Kirsh e Maglio29. Mi ero riproposto di approfondire anche la spiegazione dell'esperienza visiva in termini sensori-motori di O'Reagan e Noë30

i quali sostengono che vedere è un modo di agire; che il mondo esterno serve all'organismo come sua propria rappresentazione; che interrogare il mondo in un certo modo sensori-motorio o in un altro produce una certa o un'altra esperienza visiva. Così come mi ero riproposto di studiare l'approccio ecologico alla visione proposto da Gibson31.

Lo studio del sistema sensori-motorio, la lettura di Rizzolatti sulle proprietà dei neuroni dell'area premotoria ventrale e delle caratteristiche motorie e sensoriali dei circuiti AIP-F5 e VIP-F4, e soprattutto quelle dei neuroni specchio, mi hanno spinto ad approfondire le mie conoscenze di tali argomenti per comprendere meglio:

  • Quali sono le parti di corteccia cerebrale che presentano nello stesso tempo proprietà motorie e sensoriali.
  • Quanta attività motoria queste parti riescono a controllare.
  • Che grado di complessità ha l'attività motoria controllata da tali parti.
  • In che modo le attività cognitive superiori riescono a controllare/inibire l'attività 'spontanea' di tali parti.
  • Che rischio c'è di sopravvalutare l'attività 'conoscitiva' che tali parti svolgono; in fondo è probabile che la maggior parte dell'attività motoria si svolge sempre tramite un flusso di informazione che vede una più netta separazione tra sensi-riflessione-azione.



  • Rappresentazione/rappresentazioni di un oggetto esterno

Come suggerito da Dennett32 e da Brooks33, è bene abbandonare l'idea che nella nostra testa esista un homunculus superiore a cui gli oggetti presenti nei sensi vengano ri-presentati; un tale homunculus deve essere sostituito da una schiera di agenti più elementari che svolgono ognuno una propria funzione in modo quasi indipendente tra loro. Il fatto che nella corteccia cerebrale esistano molte aree incaricate di rappresentare lo stato del corpo e degli oggetti esterni, che esista una forte ridondanza di tali rappresentazioni, che di uno stesso oggetto (o stessa parte del corpo) esistano contemporaneamente diversi sistemi di coordinate in cui vengono codificati, ci spinge a ritenere che al concetto di rappresentazione di un oggetto (o parte del corpo) dovremmo sostituire quello di rappresentazioni
di un oggetto (o parte del corpo). Ogni rappresentazione serve ad una parte del cervello a svolgere una parte di comprensione/azione sul mondo e forse non è necessario che tali rappresentazioni siano poi unificate in una sola super-rappresentazione che entra a far parte della coscienza.


Grammatica innata o vocabolario innato di atti?

Secondo Chomsky, la straordinaria capacità dei bambini di imparare la lingua materna può essere spiegato solo postulando l'esistenza di una struttura profonda, di una grammatica universale, innata, su cui tutte le lingue naturali si conformerebbero. Nello stesso spirito - e forse più giustificatamene - non si potrebbe ipotizzare l'esistenza di un vocabolario innato di atti motori che fornirebbe la base, gli atomi, su cui poi costruire tutti gli altri atti finalizzati?

La capacità dei neuroni di F5 di rispondere selettivamente a specifici atti motori, le capacità dei neonati anche dopo pochi giorni dalla nascita di imitare gesti con la lingua e la bocca34, il fatto che ratti adulti amputati alla nascita degli avambracci esibiscono i tipici movimenti delle spalle della tolettatura35, la non attivazioni di neuroni specchio nel caso di azioni tra specie troppo differenti, la capacità dei neuroni specchio negli umani di rispondere anche a sequenze di azioni, sembrerebbero confermare tale ipotesi.

Le prime esplorazioni psicomotorie, l'imitazione e l'apprendimento servirebbero a rinforzare alcune sequenze di atti e costruirne delle altre a partire da quelle innate e quelle rinforzate.



I neuroni specchio alla base della cultura mimica proposta da Merlin Donald

Il grande sviluppo del sistema dei neuroni specchio nella storia degli umani invece di essere avvenuto circa cinquantamila anni fa come sostiene Ramachandran36, in concomitanza con la comparsa delle prime forme di rappresentazioni visuografiche37, non può essere invece avvenuta circa un milione e mezzo di anni fa con la comparsa di homo erectus ed essere la base neurale che permette la nascita della mente imitativa di cui parla Merlin Donald? Ricordiamo che il libro di Donald è del 1991 e quindi prima della scoperta dei neuroni specchio.

In fondo le capacità cognitive che stanno alla base di tale modello mentale (l'intenzionalità, la generatività, la comunicatività, la referenzialità, l'illimitatività e l'endogenesi) e che saranno ereditate anche dalla mente umana linguistica sembrano essere proprio quelle che contraddistinguono il sistema specchio degli esseri umani da quello delle scimmie. Il sistema dei neuroni specchio occupa l'area F5 della corteccia delle scimmie che negli esseri umani corrisponde nell'emisfero sinistro all'area di Broca; e le proprietà dei neuroni specchio degli uomini a differenza di quelle delle scimmie permettono una loro attivazione anche di fronte ad un'azione solo mimata o di atti intransitivi, e permettono la selettività di sequenze di azioni.

  1. Daniel Dennett, cit.
  2. Brooks, cit.
  3. Kirsh D. e Maglio P., cit.
  4. O'Regan K. e Noë A., cit.
  5. Gibson J., cit.
  6. Daniel Dennett, cit.
  7. Brooks, cit.
  8. Rizzolatti G. e Sinigaglia C., cit. (pag. 146).
  9. Pinel J, cit. (pag. 213).
  10. Ramachandran V., Che cosa sappiamo della mente, Mondatori, Milano, 2004 (pag. 41)
  11. Corrispondente alla terza grande transizione di Merlin Donald, quella che porta dalla cultura mimica alla cultura teoretica.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

good start