venerdì 28 settembre 2007

1 Rapporto di Ricerca – maggio 2007

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Abstract

La mia ricerca intende analizzare il concetto di rappresentazione mentale e mostrare come questo concetto così centrale nella stragrande maggioranza delle concezioni di filosofia della mente debba subire un profondo ripensamento che ne limiti l'ubiquità e ne ridefinisca la natura. Varie indagini nel campo della nuova scienza cognitiva ci spingono a ritenere che un agente razionale possa operare nel proprio ambiente senza ricorrere a rappresentazioni interne degli oggetti circostanti, collegando direttamente gli input sensoriali agli output motori; oppure che possa portare a termine delle attività cognitive non elaborando rappresentazioni interne ma manipolando dei veicoli esterni al proprio cervello; o ancora che l'attività percettiva sia fortemente collegata all'attività motoria ed elaborativa e quindi non abbiano senso le tradizionali divisioni tra conoscenza e azione e tra percezione e riflessione (sulle rappresentazioni); infine che anche quando si continui ad utilizzare le rappresentazioni interne esse siano spesso distribuite e non simboliche.

La mente e la conoscenza devono sempre essere incorporate e integrate nell'ambiente fisico e sociale; il concetto di rappresentazione mentale deve subire contemporaneamente un restringimento e un'estensione superando il tradizionale confine costituito dal cranio dell'individuo biologico.

In questo rapporto, dopo aver fornito un quadro di sfondo nel quale collocare la mia ricerca, indicherò le principali linee di indagine che sto seguendo. Poi elencherò le attività svolte in questi primi mesi; e infine, nell'appendice, darò una breve sintesi dell'attuale dibattito sulla mente estesa che costituisce l'argomento della ricerca che ho approfondito più diffusamente.


La ricerca

Premessa

Nelle indagini sulla mente è sempre bene tener presente che ci troviamo di fronte ad un concetto non univocamente definito e pesantemente condizionato dalla cultura in cui, nel corso del tempo, è stato via via pensato1. E' indubbio che all'interno della cultura occidentale, un momento fondamentale per la definizione di tale concetto sia rappresentato dalla riflessione filosofica seicentesca.

Con le sue nette affermazioni, Cartesio contribuisce più di ogni altro a costruire la mente come incorporea, interna, qualitativa, cosciente, trasparente a sé stessa, privata, insindacabile, libera, fonte di tutte le nostre azioni e palcoscenico2 su cui vengono rappresentate tutte le nostre sensazioni. Malgrado i noti problemi del rapporto tra sostanza mentale e sostanza corporea, tale concezione del mentale ha seguitato ad avere un peso predominante nella speculazione successiva. All'interno della corrente empirista, viene mantenuta la separazione tra riflessione e sensazione, intenzione e azione, così come la visione della mente come luogo centrale del ragionamento in cui vengono elaborate le idee.

Malgrado il deciso rifiuto del dualismo cartesiano e l'indiscutibile professione di fede materialista, anche all'interno della posizione più diffusa della scienza cognitiva contemporanea – la teoria computazional-rappresentativa della mente – si possono rintracciare tracce di questo 'peccato originale' della mente moderna e un certo 'strabismo' antibiologico e solipsistico,3 che tende a isolare la mente dal corpo e dal mondo, e limita l'elaborazione cognitiva al cuneo tra percezione e azione in una sorta di 'sandwich cognitivo'4. L'idea che la relazione tra mente e mondo sia mediata da oggetti interni dotati di proprietà semantiche e causali seguita ad essere un'idea centrale nella scienza cognitiva classica così come lo era nella tradizione empirista dell'età moderna; anche se a queste relazioni causali viene ora attribuita una natura computazionale piuttosto che associativa grazie alle loro caratteristiche sintattiche e simboliche5.

La concezione computazional-rappresentativa della mente ha rappresentato il filone di indagine più influente e produttivo negli anni '70-'80 del secolo scorso, ma agli inizi degli anni '90 tale paradigma – e l'analogia tra mente/cervello e software/hardware su cui in larga parte si basa – ha iniziato a mostrare i suoi limiti, tanto è vero che Thagard 6 ha potuto parlare di una serie di nuove sfide al cognitivismo classico poiché ci sarebbero molti aspetti di cui non tiene sufficientemente conto, aprendo così un dibattito sulla possibilità che tale paradigma riesca a superarle attuando una semplice riforma oppure sia necessaria una vera e propria rivoluzione. Le sfide indicate da Thagard sono:

  1. la sfida del cervello
  2. la sfida delle emozioni
  3. la sfida della coscienza
  4. la sfida del corpo
  5. la sfida del mondo
  6. la sfida dei sistemi dinamici
  7. la sfida sociale.


1 Cfr. Carlo Cellucci, "Mente incarnata e conoscenza", in Eugenio Canone (ed.), Per una storia del concetto di mente, Olschki, Firenze 2005, pp. 383-410. O anche Michele Di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, Carocci, Roma, 2002

2 Teatro Cartesiano in Daniel Dennett, Coscienza, Rizzoli, Milano, 1993, (pagg. 129-134)

3 Jerry Fodor, "Methodological solipsism considered as a research strategy in cognitive psychology", Behavioral and Brain Sciences, 1980, 3, pp. 63-110

4 Susan Hurley, Consciousness in Action, Harvard University Press, Cambridge, MA, 1998

5 Massimo Marraffa, Filosofia della psicologia, Laterza, Bari, 2003. (pag. 3)

6 Paul Thagard, Mind. Introduction to Cognitive Science (2nd ed.), The MIT Press, 2005 (pag. 140)


Linee di ricerca

Sullo sfondo della problematica e delle trasformazioni delineate, intendo concentrarmi sul concetto di rappresentazione mentale e sulla dicotomia interno/esterno nei processi cognitivi.

Come già affermato, quello di rappresentazione mentale è un concetto centrale nella stragrande maggioranza delle concezioni di filosofia della mente. Semplificando, sembra del tutto ragionevole che per poter conoscere, riflettere e agire nel mondo qualunque soggetto debba costruirsi un modello interno del mondo esterno; che tale modello sia composto di rappresentazioni mentali degli oggetti del mondo; che la riflessione sia un'elaborazione esercitata su tali rappresentazioni interne. Eppure è lecito sostenere che alla base di questo concetto ci siano delle difficoltà logiche ed empiriche che ne minano profondamente la solidità e che spingono la nuova scienza cognitiva a riformularne la natura e a limitarne fortemente l'ubiquità.

In primo luogo, non appare più così scontato che il cervello implementi le rappresentazioni mentali in modo simbolico. Il connessionismo ritiene che le rappresentazioni mentali siano implementate in modo distribuito su più unità-neuroni e che talvolta sia possibile far corrispondere ad ogni unità-neurone implicata un tratto determinato dell'oggetto rappresentato (rappresentazione distribuita simbolica), ma che altre volte tale corrispondenza non possa essere stabilita (rappresentazione distribuita sub-simbolica)7.

Per la robotica basata sul comportamento (behavior-based robotics)8, poi, è possibile costruire degli agenti che mostrano un comportamento intelligente senza far ricorso a esplicite rappresentazioni interne del mondo in cui si muovono. Tali agenti si basano su un'architettura (Subsumption Architecture) che implementa livelli via via più complessi uno sull'altro. Ogni livello è quasi completamente autonomo rispetto agli altri e genera un comportamento particolare collegando direttamente la percezione all'azione senza dover passare attraverso un elaboratore centrale. Che tali agenti siano davvero privi di rappresentazioni è stato messo in dubbio da alcuni critici della nuova robotica, infatti Toto9, uno degli agenti più sofisticati costruiti nell'Artificial Intelligence Laboratory del MIT, riesce a pianificare i suoi movimenti servendosi di una mappa interna dell'ambiente in cui opera; ma tale mappa è distribuita e costruita in base agli spostamenti precedenti, e non è possibile fare una distinzione tra la mappa e l'uso della mappa, tra il ragionamento e la mappa stessa; è lecito quindi affermare che sebbene ci sia una qualche forma di rappresentazione essa non è autonoma, isolabile e esplicita. L'intelligenza di tali robot, poi, è per il momento molto limitata – Brooks parla di un'intelligenza paragonabile a quella di un insetto – e resta una questione aperta fino a che grado di complessità sia possibile spingere tale architettura senza dover ricorrere a esplicite rappresentazioni interne.

Ma è nel termine stesso di 'rappresentazione' che si celano le ambiguità più insidiose. Infatti sembrerebbe che una rappresentazione sia una ri-presentazione all'interno della mente di qualcosa che è già presente ai sensi. Ma ripresentare a chi? E, poi, se qualcosa è già presente, che bisogno c'è di ripresentarlo? Dennett con la sua critica al Teatro Cartesiano10 ci dissuade dal pensare che esista un homunculus centrale a cui tutti i dati sensoriali vengano ri-presentati e ci invita invece a pensare a una pluralità di agenti elementari, ognuno dei quali riceve ed elabora un singolo aspetto di essi; tali agenti possono essere molto semplici, quasi indipendenti tra loro e svolgere i loro compiti alla maniera dei robot di Brooks. Per limitarsi alla sola visione, il fatto che nella corteccia cerebrale dei macachi siano state scoperte finora ben 31 aree visive ognuna specializzata nell'analisi di un diverso stimolo visivo11 dovrà pur significare qualcosa!

Ma sono le stesse separazioni tra sensazione e riflessione e tra conoscenza e azione che la scienza cognitiva classica eredita dall'empirismo seicentesco che devono essere messe in discussione. Il nostro sistema percettivo, infatti, non riproduce copie fedeli degli oggetti esterni che colpiscono i nostri sensi a beneficio di una successiva elaborazione, ma è esso stesso un sistema elaborativo che trascura alcuni aspetti dei dati e ne esalta degli altri svolgendo un'attività intrinsecamente creativa12. Inoltre, anche nella semplice conoscenza, un soggetto può svolgere delle azioni, delle manipolazioni degli oggetti nel suo ambiente, per portare a termine dei compiti cognitivi che sarebbero altrimenti impossibili o soltanto più difficili; egli svolge cioè delle 'azioni epistemiche'13. A tale proposito mi sono sembrati molto significativi: a) la ricerca di Kirsh e Maglio sulle modalità del gioco del Tetris14, che evidenzia come molti movimenti dei pezzi vengono effettuate non per realizzare effettivamente un posizionamento finale di essi (azione pragmatica), ma per conoscerne la natura o la posizione (azione epistemica); b) gli esperimenti di O'Regan e Noë sulla cecità al cambiamento (change blindness) e la loro teoria sullo natura essenzialmente sensori-motoria dell'esperienza visiva15 c) i già menzionati lavori di Brooks16 sulla costruzione di agenti intelligenti privi di rappresentazioni. Tutto ciò ci spinge a limitare il ricorso a immagini mentali nella spiegazione dell'attività cognitiva umana e a integrare in essa l'apparato sensori-motorio. La necessità di 'scaricare' ogni homuncolus dotato di qualche intelligenza residua sostituendolo con esecutori stupidi17 e considerazioni di economia computazionale sembrano consigliare di interrompere il processo di 'ripresentazione' il più presto possibile, e cioè al primo stadio della relazione tra soggetto e oggetti nel mondo. Per questi motivi i modelli dell'attività cognitiva che non tengono in giusto conto sia l'elaborazione che si svolge già a livello percettivo, sia la possibilità che il soggetto non si costruisca un rappresentazione interna degli oggetti esterni ma operi direttamente su essi, sia la stretta connessione tra la conoscenza e l'azione, danno una visione distorta del funzionamento della mente.

Queste ultime considerazioni mi hanno spinto a passare dalla riflessione sul concetto di rappresentazione a quella sul concetto di mente incorporata e di mente estesa.

Ovviamente anche i teorici della teoria computazional-rappresentativa della mente possono accettare tranquillamente che in ultima analisi la mente sia incorporata, che il soggetto interagisca in vario modo con l'ambiente, che gli aspetti sensoriali siano importanti; ma il modello cognitivo su cui si basano (Sensazione → Modello → Pianificazione → Azione) e il loro concentrarsi sulla fase interna della costruzione del modello e della pianificazione, tendono a trascurare la centralità dell'azione e della sensazione nella pianificazione stessa.

Secondo i sostenitori della tesi della mente estesa18, la mente non è limitata dalla pelle e dal cranio, poiché in varie attività cognitive l'organismo umano è collegato con entità esterne in modo tale da creare un sistema accoppiato che può essere considerato un sistema cognitivo a tutti gli effetti. In un sistema del genere, tutte le componenti, sia interne che esterne, giocano un ruolo causale attivo e controllano collettivamente il comportamento. Rimuovendo una componente esterna, si avrà un decadimento delle competenze comportamentali del sistema, in modo non dissimile da quando si rimuove una parte del cervello. "Se, nello svolgere un determinato compito, una parte del mondo funziona come un processo, che se avvenisse nella testa, non avremmo esitazione a riconoscerlo come parte del processo cognitivo, allora quella parte del mondo è parte del processo cognitivo. I processi cognitivi non sono (tutti) nella testa!"19.

Il dibattito sulla tesi della mente estesa si concentra soprattutto sulla possibilità o meno di ritenere intrinsecamente cognitivi i processi e i veicoli esterni all'individuo biologico, e in particolare sulla possibilità che esistano delle genuine credenze dei soggetti che risiedono non su supporti cerebrali ma su supporti esterni. Ma al di là di questo problema che rischia di diventare una questione puramente essenzialista, il punto importante che i sostenitori espliciti o impliciti20 della tesi della mente estesa ci spingono a riconoscere è che nel corso dell'evoluzione gli esseri umani così come hanno imparato ad usare strumenti esterni per ampliare le loro capacità motorie, hanno anche imparato ad usare dei supporti esterni per ampliare le loro capacità cognitive. I supporti cognitivi, le tecnologie cognitive, i mind scaffoldings, che più spesso vengono citati sono il linguaggio, la scrittura, i disegni e i diagrammi, le notazioni e gli algoritmi matematici. Credo sia corretto ritenere che queste tecnologie cognitive abbiano creato un tipo di mente completamente nuovo e che quindi la mente umana attuale non sia semplicemente quella del homo sapiens prelinguistica + linguaggio + scrittura, + ecc., ma un nuovo sistema cognitivo che eredita ma supera i modelli cognitivi precedenti.

Quindi, escludere dal campo della nostra cognizione tutta una serie di risorse che abbiamo imparato ad usare semplicemente perché il loro significato non sarebbe intrinsecamente intenzionale ma stabilito in modo convenzionale sembra davvero una testardaggine che restringe in modo esagerato le operazioni cognitive che possiamo svolgere e sembra che abbia davvero ragione Donald quando afferma che "Nessuna spiegazione della capacità umana di pensiero che ignori la simbiosi tra memoria biologica e memoria esterna può essere considerata soddisfacente."21

Mi sono così trovato a dedicare una certa attenzione anche alle tematiche molto suggestive ma altamente congetturali dell'evoluzione cognitiva; benché questi aspetti non rientreranno nella mia tesi finale di dottorato.

Nei prossimi mesi intendo, da una parte, continuare a dare maggiore solidità e sistematicità alle mie conoscenze (in primo luogo, approfondendo il tema dell'implementazione connessionista delle rappresentazioni e lo studio dei testi classici della teoria computazional-rappresentativa della mente), dall'altra, portando avanti l'indagine sulle questioni già toccate.

Mi sembra interessante, per esempio, riprendere la posizione 'integrazionista' che secondo Menary costituisce un ampliamento della tesi della mente estesa ed approfondire e sviluppare meglio la classificazione, da lui proposta22, dei vari tipi di manipolazione dei supporti cognitivi esterni che un soggetto può compiere. I casi di manipolazioni più diffusi sono: a) quelli che intaccano il confine biologico tra individuo e ambiente (un po' come sostiene Dawkins23 parlando di fenotipo esteso; le ricerche più interessanti sono l'approccio ecologico alla visione di Gibson24, la visione animata di Ballard25, la spiegazione dell'esperienza visiva in termini sensori-motori di O'Reagan e Noë26); b) quelli in cui il soggetto usa l'ambiente come propria rappresentazione, evitando il bisogno di rappresentazioni interne (le azioni epistemiche di cui parlano Kirsh & Maglio27, le varie formulazioni di Clark28, gli agenti intelligenti senza rappresentazioni di Brooks29); c) quelli su rappresentazioni simboliche esterne che si svolgono seguendo un procedimento appreso (le pratiche cognitive, l'uso di sistemi di notazione, di cui forse gli esempi più conosciuti sono gli algoritmi matematici di cui parlano Rumelhart & McClelland30 o Cellucci31).

7 Rumelhart D. E e McClelland J.L.(eds.), Parallel Distributed Processing, MIT Press, Cambridge, 1986, (cap. 3 e 6) oppure Massimo Marraffa, Filosofia della psicologia, Laterza, Bari, 2003 (pag. 119-122).

8 Brooks R. A., Cambrian Intelligence. The Early History of the New AI, The MIT Press, 1999

9 Brooks R. A. e Mataric M., "Learning a Distributed Map Representation Based on Navigation Behavior" che ora costituisce il capitolo 3 di Cambrian Intelligence.

10 Daniel Dennett, cit.

11 Pinel J., Psicobiologia, Il Mulino, Bologna, 2000 (pag. 156)

12 Pinel J, cit. (pag. 116).

13 Vedi Kirsh D. e Maglio P., "On Distinguishing Epistemic from Pragmatic Action", Cognitive Science, 18, 1994, pagg. 513-549.

14 Kirsh D. e Maglio P., cit.

15 O'Regan K. e Noë A., "A sensorimotor account of vision and visual consciousness", in Behavioral and Brain Sciences, n. 24, (939-1031), 2001

16 Brooks, cit.

17 Cfr. Daniel Dennett, Sweet Dreams. Philosophical Obstacles to a Science of Consciousness, Bradford Books, MIT, 2005 (pag. 70)

18 Ho fornito in Appendice una breve sintesi dell'attuale dibattito sulla tesi della mente estesa.

19 Clark, A. e Chalmers, D. J. , "The Extended Mind", Analysis 58, 1, 1998, pagg.7-19. (pag. 11)

20 Tra i sostenitori espliciti della mente estesa possiamo annoverare Clark, Wilson, Hurley, Menary; tra quelli impliciti Dennett, Donald, Cellucci, Hutchins

21 Donald, M., L'evoluzione della mente. Per una teoria darwiniana della conoscenza, Garzanti, Milano, 1996 (pag. 414)

22 Menary, R., "Attacking the Bounds of Cognition", Philosophical Psychology, Vol 19, n.3. 329-344 (2006); oppure vedere la mia breve sintesi nell'Appendice.

23 Dawkins, R., The extended phenotype, Oxford University Press, Oxford, 1982.

24 Gibson, J. J., The ecological approach to visual perception, Houghton Mifflin, Boston, 1979

25 Ballard, D., "Animate Vision", Artificial Intelligence
48, 1991, 57-86,

26 O'Regan K. e Noë A., cit.

27 Kirsh D. e Maglio P., cit.

28 Clark, A. & Chalmers, D. J. cit. Clark, A., Being There. Putting Brain, Body, and World Together Again, Mit Press. 1997. Clark, A., Natural-Born Cyborgs. Minds, Technologies, and the Future of Human Intelligence, Oxford University Press, 2003.

29 Brooks, cit.

30 Rumelhart D. E e McClelland J.L.(eds.), cit.

31 Carlo Cellucci, cit.



Attività svolte

Libri e articoli letti

  • ADAMS, Fred e AIZAWA, Ken, "Defending the Bounds of Cognition", in Richard Menary (ed.) The Extended Mind, Ashgate, in corso di pubblicazione.
  • ADAMS, Fred e AIZAWA, Ken, "The Bounds of Cognition", Philosophical Psychology, Vol 14, 1. 43-64 (2001).
  • BROOKS, Rodney, Cambrian Intelligence. The Early History of the New AI, MIT Press, 1999.
  • CELLUCCI Carlo, "Mente incarnata e conoscenza", in Eugenio Canone (ed.), Per una storia del concetto di mente, Olschki, Firenze 2005, pp. 383-410.
  • CHURCHLAND Patricia Smith, Neurophilosophy. Toward a Unified Science of the Mind/Brain, MIT Press, 1989.
  • CLARK, Andy & CHALMERS, David J., "The Extended Mind", Analysis 58: 1: 1998 p.7-19
  • CLARK, Andy, Being There. Putting Brain, Body, and World Together Again, Mit Press, 1997.
  • CLARK, Andy, Natural-Born Cyborgs. Minds, Technologies, and the Future of Human Intelligence, Oxford University Press, 2003
  • CLARK, Andy, "Memento's Revenge: The Extended Mind, Extended", in Richard Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, in corso di pubblicazione
  • DEACON Terrence, La specie simbolica. Coevoluzione di linguaggio e cervello, Fioriti, Roma, 2001
  • DENNETT Daniel C, Sweet Dreams. Philosophical Obstacles to a Science of Consciousness, Bradford Books, MIT, 2005
  • DENNETT, Daniel C., "Making Tools for Thinking", in Dan Sperber (ed.), Metarepresentations: A Multidisciplinary Perspective, Oxford US, 2000
  • DI FRANCESCO Michele, "«Mi ritorni in mente». Mente distribuita e unità del soggetto" in Networks, 3-4 2004, pp. 115-13
  • DONALD, Merlin, L'evoluzione della mente. Per una teoria darwiniana della conoscenza, Garzanti, Milano, 1996
  • HURLEY, Susan., "Varieties of externalism", in Richard Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, in corso di pubblicazione.
  • KIRSH David e MAGLIO Paul, "On Distinguishing Epistemic from Pragmatic Action", Cognitive Science, 18, 513-549 (1994)
  • MARCONI Diego, "Contro la mente estesa", in Sistemi intelligenti, n.: 3, dicembre 2005
  • MARRAFFA Massimo, Filosofia della psicologia, Bari, Laterza, 2003
  • MENARY, Richard, "Attacking the Bounds of Cognition", Philosophical Psychology, Vol 19, n.3. 329-344 (2006)
  • NORMAN, Donald A., Il computer invisibile, Apogeo, Milano, 2005
  • OLIVERIO Alberto, "La mente estesa e le neuroscienze", in Sistemi intelligenti, n.: 3, dicembre 2005
  • O'REGAN Kevin & NOË Alva, "A sensorimotor account of vision and visual consciousness", in Behavioral and Brain Sciences, n. 24, (939-1031) 2001
  • PIEVANI Telmo, Homo sapiens e altre catastrofi. Per un'archeologia della globalizzazione, Roma, Meltemi, 2006
  • PINEL John, Psicobiologia, Il Mulino, Bologna, 2000
  • RAMACHANDRAN Vilayanur, Che cosa sappiamo della mente, Mondadori, Milano, 2004
  • RUPERT, R., "Representation in Extended Cognitive Systems: Does the Scaffolding of Language Extend the Mind?", in Richard Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, in corso di pubblicazione.
  • WILSON, Robert A. & CLARK, Andy, "How to Situate Cognition: Letting Nature Take its Course", in M. Aydede and P. Robbins (editors), The Cambridge Handbook of Situated Cognition, in corso di pubblicazione
  • WILSON, Robert, "Meaning Making and the Mind of the Externalist", in Richard Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, in corso di pubblicazione



Lezioni, conferenze, seminari a cui ho partecipato

25 maggio 2007 Lezione di Daniel Innerarity su "La società invisibile" a Villa Mirafiori.

24 maggio 2007 Lezione di Giuseppe Veltri su "Le teorie politiche di Simone Luzzatto" a Villa Mirafiori.

11 maggio 2007 Seminario con Diego Marconi su "Seconda natura?" all'interno del ciclo "Naturalismo e natura umana" organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università Roma Tre

2 maggio 2007 Lezione di Roberto Cordeschi su "Il metodo dei modelli tra Scienza Cognitiva e Intelligenza Artificiale" all'interno del ciclo "Mente-corpo e comportamento nella storia del pensiero moderno, da Darwin alla scienza cognitiva del XX secolo", organizzato dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata".

20 aprile 2007 Seminario con Carlo Cellucci su "Origine, scopi e natura della conoscenza" all'interno del ciclo "Naturalismo e natura umana" organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università Roma Tre

17 aprile 2007 Conferenza di Edoardo Boncinelli su "Mente biologica e mente culturale" all'interno del ciclo "Incontri Al Chiostro" della Facoltà di Ingegneria.

23 marzo 2007 Seminario con Simone Gozzano su "Le condizioni di naturalità della natura umana" all'interno del ciclo "Naturalismo e natura umana" organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università Roma Tre

18 marzo 2007 Dibattito su "Che cosa sono i numeri? La filosofia della matematica" con Umberto Bottazzini, Carlo Cellucci, Giulio Giorello, Gabriele Lolli, Paolo Zellini e Armando Massarenti all'interno del Festival della Matematica

17 marzo 2007 Lectio Magistralis di Michael Atiyah su "Bellezza e verità in Matematica" all'interno del Festival della Matematica

17 marzo 2007 Lectio Magistralis di John Barrow "Questioni matematiche e teologiche" all'interno del Festival della Matematica

16 marzo 2007 Lectio Magistralis di Douglas Hofstadter su "Come un matematico concepisce i numeri" all'interno del Festival della Matematica

12 marzo 2007 Conferenza di Douglas Hofstadter su "I am a strange loop" all'interno del ciclo "Incontri Al Chiostro" della Facoltà di Ingegneria

6 marzo 2007 Lezione di Dieter Lohmar su "A History of the Ego. The concept of an originary Ego in Husserls late manuscripts (C-Manuscripts)" a Villa Mirafiori.

15 febbraio 2007 Seminario con Vittorio Gallese su "La simulazione incarnata: dai neuroni specchio all'intersoggettività" Villa Mirafiori.

20 gennaio 2007 Dibattito su "La natura del linguaggio. Cervello e ambiente" con Felice Cimatti, Norbert Hornstein, Edoardo Lombardi-Vallauri, Andrea Moro e Francesco Ferretti nell'ambito del Festival della Scienza.

18 gennaio 2007 Dibattito su "La Nascita e le età della mente" con Gary Marcus, Stanislas Dehaene, Fabrizio Doricchi e Alberto Oliverio nell'ambito del Festival della Scienza.

18 gennaio 2007 Lectio Magistralis di Stanislas Dehaene dal titolo "La Mente intima" nell'ambito del Festival della Scienza.

17 gennaio 2007 Dibattito su "Una mente o molte menti? Architettura della mente e sviluppo cognitivo" con Alfonso Caramazza, Howard Gardner, Annette Karmiloff-Smith, Domenico Parisi, Elizabeth Spelke e Roberto Cordeschi nell'ambito del Festival della Scienza.

16 gennaio 2007 Lectio Magistralis di Alfonso Caramazza su "Parole e cervello" nell'ambito del Festival della Scienza.



Corsi seguiti

  • Filosofia della Scienza

A partire dal 14 marzo 2007 ho seguito il secondo modulo del corso annuale della Prof.ssa Elena Gagliasso sul tema Tra corpo e mente: metodologie, ideologie e origine antropica, per il quale sono previsti 6 crediti.

Alla fine del corso ho svolto una breve relazione sulla teoria evoluzionistica della mente di Merlin Donald


  • Psicobiologia e Neuroscienze

A partire dal 2 marzo 2007 ho seguito il corso semestrale del Prof. Alfredo Brancucci sul tema Introduzione alle neuroscienze, per il quale sono previsti 6 crediti.

Alla fine del corso ho presentato un breve elaborato sull'interesse filosofico della scoperta dei neuroni specchio.



Il dibattito sulla tesi della mente estesa


Andy Clark e David Chalmers, con la domanda posta all'inizio del loro articolo su Analysis (Clark & Chalmers, 1998) - "Dove finisce la mente e inizia il resto del mondo?" - aprono l'attuale dibattito sulla tesi della mente estesa.

Distaccandosi dalla posizione del senso comune e di gran parte della psicologia cognitiva, Clark e Chalmers sostengono che la mente non è limitata dalla pelle e dal cranio, poiché in varie attività cognitive l'organismo umano è collegato con entità esterne in modo tale da creare un sistema accoppiato che può essere considerato un sistema cognitivo a tutti gli effetti. In un sistema del genere, tutte le componenti, sia interne che esterne, giocano un ruolo causale attivo e controllano collettivamente il comportamento. Rimuovendo una componente esterna, si avrà un decadimento delle competenze comportamentali del sistema, in modo non dissimile da quando si rimuove una parte del cervello.

Clark e Chalmers cercano di forzare le nostre tradizionali intuizioni proponendo quello che, nel dibattito successivo, è stato chiamato il Principio di Parità, e presentandoci due casi di studio.

Il Principio di Parità afferma: "Se, nello svolgere un determinato compito, una parte del mondo funziona come un processo, che se avvenisse nella testa, non avremmo esitazione a riconoscerlo come parte del processo cognitivo, allora quella parte del mondo è parte del processo cognitivo. I processi cognitivi non sono (tutti) nella testa!".

I due casi di studio sono quelli del gioco del Tetris e quello di Otto e Inga.

Nel primo caso di studio, si prendono in considerazione vari modi in cui un uomo che gioca a Tetris potrebbe (in futuro) stabilire se un pezzo si inserisce o meno in uno slot. Egli potrebbe:

  1. ruotare mentalmente il pezzo;
  2. servirsi di un tasto che fa ruotare il pezzo sullo schermo del computer;
  3. servirsi di un impianto neurale che realizza la stessa rotazione del caso b) ma è 'attivato dal pensiero' e visualizzato sulla propria retina.

Secondo Clark e Chalmers ci troviamo di fronte a tre attività cognitive simili; la prima è chiaramente interna, la seconda esterna, e la terza benché realizzi un processo simile alla seconda sembra interno del soggetto. Nell'analisi di questo caso, Clark e Chalmers si servono della interessante distinzione tra azioni pragmatiche e azioni epistemiche proposta da Kirsh e Maglio (1994).

Nel secondo caso di studio, ci vengono presentate due persone - Inga e Otto - che avendo sentito di un'interessante esibizione al MOMA, decidono di recarvisi. Inga riflette un attimo, si ricorda che il MOMA è nella 53ma strada, e si incammina. Otto, che soffre di una leggera forma di Alzheimer e ha preso l'abitudine di annotare tutte le informazioni utili su di un taccuino che porta sempre con sé, consulta il suo taccuino, recupera l'informazione che il MOMA è nella 53ma strada, e si incammina.

Secondo Clark e Chalmers i processi cognitivi delle due persone sono molto simili; come Inga, Otto si incammina verso la 53ma strada, perché vuole andare al museo e crede che sia nella 53ma strada (anche prima di consultare il suo taccuino, a meno che non si considerino vere credenze solo quelle che si hanno sull'istante, ma allora anche Inga non credeva che il MOMA fosse nella 53ma strada prima di recuperare questa informazione dalla sua memoria!). Le credenze a lungo termine di Otto non sono tutte nella sua testa.

Le risorse non biologiche per essere incluse nel sistema cognitivo di un individuo devono essere: a) costantemente disponibili e normalmente usate; b) direttamente accessibili senza difficoltà; c) immediatamente accettate (non sottoposte a scrutinio critico sul momento, ma solo quando vengono 'annotate'),

Clark e Chalmers chiamano la loro posizione "esternalismo attivo" (Active Externalism) per distinguerlo da quello standard proposto da Putnam (1975) e Burge (1979), e affermano di essere stati influenzati da recenti ricerche in campi molto diversi come la teoria della conoscenza situata, gli studi sulla robotica nel mondo reale, gli approcci dinamici allo sviluppo infantile e le ricerche sulle proprietà cognitive degli agenti collettivi.

Altre forme di esternalismo simile a quello proposto da Clark e Chalmers potrebbero essere quello di Wilson (1994), Dennett (1996, 2000), Hutchins (1995), Donald (1996) e ancora più simili il locational externalism (Wilson 2000, 2004), l'environmentalism (Rowlands, 1999), il vehicle externalism (Hurley, 1998), la cognitive integration di Menary (in corso di pubblicazione) .

I principali oppositori della tesi della mente estesa sono Fred Adams e Ken Aizawa (2001, in corso di pubblicazione), Robert Rupert (in corso di pubblicazione); e in Italia, Alberto Oliverio (2005), Diego Marconi (2005) e Michele Di Francesco (2004).

I motivi principali di opposizione alla tesi della mente estesa vengono delineati con chiarezza da Adams e Aizawa (2001), e a loro spesso si riferiscono sia coloro che vogliono sostenere sia coloro che vogliono combattere l'idea che la mente non sia tutta nella testa.

Adams e Aizawa vogliono difendere la posizione tradizionale sui confini della mente e pur ammettendo che spesso strumenti e processi esterni possono essere utili per facilitare i nostri compiti cognitivi, questo non ci autorizza a estendere il campo del mentale al di là dei confini dell'individuo biologico. Adams e Aizawa vogliono sostenere quello che definiscono un "contingent intracranialism"; concedono che non si possa identificare a priori ciò che mentale con ciò che è interno al cervello, ma una volta definito il tratto distintivo del mentale ci si accorge che - come fatto empirico contingente - tutti i processi cognitivi umani risultano interni al cervello. Una cognizione transcranica o extracranica è logicamente possibile, ma le possibilità che qualche strumento esterno acquisti le proprietà cognitive dei nostri cervelli risultano – in base alle nostre conoscenze attuali - piuttosto remote.

Assumendo, senza argomentare, che il mentale sia differente dal cognitivo e che i processi cognitivi possono essere accompagnati da qualità fenomeniche soggettive, Adams e Aizawa restringono la loro analisi ai processi cognitivi a prescindere dai relativi qualia. A loro avviso, le caratteristiche indispensabili della cognizione sono:

  • gli stati cognitivi devono implicare un contenuto intrinseco, non-derivato;
  • i processi cognitivi devono essere individuati causalmente come una categoria ben determinata.

Queste condizioni ci impediscono di parlare di cognizione extracranica nel caso del giocatore di Tetris e in quello di Otto perché si ha a che fare con contenuto derivato e perché i processi implicati sono profondamente differenti. Nel caso del giocatore di Tetris, la prima modalità usa sicuramente un contenuto intrinseco ed è quindi cognitiva, ma nella seconda modalità non abbiamo a che fare con un contenuto intrinseco, anzi non abbiamo proprio nessuna rappresentazione mentale; i processi causali implicati, poi, sono presumibilmente molto differenti nel caso della rotazione mentale e in quella della rotazione sul computer. Anche le credenze di Inga e Otto sono molto differenti, quella di Inga ha un'intenzionalità intrinseca mentre i simboli sul taccuino di Otto hanno un'intenzionalità solo derivata; infine, il processo causale che porta Inga e Otto ad avere la stessa 'credenza' è chiaramente molto differente.

I sostenitori della mente estesa commettono l'errore di ritenere che l'accoppiamento di un oggetto o un processo X a un oggetto o processo Y implichi che X faccia parte di Y [Adams e Aizawa (2001), e più diffusamente Adams e Aizawa (in corso di pubblicazione), in cui viene chiamato coupling-constitution fallacy, mentre Rupert (in corso di pubblicazione) lo chiama abuso del dependance reasoning]. Non è il semplice accoppiamento, sia pur costante e affidabile, al vostro taccuino che rende il suo contenuto parte della vostra memoria come ritiene Clark. Le relazioni di accoppiamento sono troppo aleatorie e sostanzialmente differenti dalle relazioni costitutive. E' alla natura della risorsa che dobbiamo puntare per stabilire se è cognitiva o no.

Un'altra difficoltà che sia Adams e Aizawa (2001 e in corso di pubblicazione) sia Rupert (in corso di pubblicazione) sottolineano è il rischio di complicare inutilmente le cose e far rientrare nel campo del cognitivo tutta una serie di oggetti e processi che difficilmente possono costituire un insieme di indagine sufficientemente coerente e omogeneo per la scienza cognitiva.

Butler (1998) e Di Francesco (2004) sottolineano la sostanziale differenza tra l'esperienza introspettiva di Inga e quella percettiva di Otto.

Michele Di Francesco (2004) ritiene inoltre che la concezione della mente incorporata e distribuita trascura aspetti essenziali dei fenomeni mentali quali la dimensione soggettiva dell'esperienza e l'identità personale.

Secondo Diego Marconi (2005), a parte la secondaria obiezione che l'uso linguistico quotidiano non si accorda affatto con quanto pretendono i sostenitori della mente estesa - nessuno direbbe di saper fare "a mente" 432 x 7215 facendolo con carta e matita; anzi "a mente" viene usato proprio per il caso contrario - c'è una difficoltà più importante perché le stesse condizioni che Clark e Chalmers pongono sulle risorse esterne escluderebbero il taccuino di Otto dal cognitivo, infatti non può essere sempre facilmente e rapidamente accessibile.

Alberto Oliverio (2005) pur accettando l'importanza degli 'amplificatori' della mente (Bruner, 1968) ritiene che si debba rifiutare una concezione estrema che caratterizza le operazioni mentali in funzione del contesto ambientale perché così facendo si riduce l'importanza dei rapporti tra struttura cerebrale e funzione mentale. Per esempio, l'uso dei simboli esterni come un mezzo per innescare funzioni mentali astratte altrimenti impossibili, non tiene conto che la mente, umana e animale, è di per sé capace di operazioni astratte anche senza l'aiuto di simboli esterni.

Mentre David Chalmers – forse non a caso – scompare dall'ampio dibattito che nasce dal suo articolo scritto assieme a Andy Clark, quest'ultimo ritorna più volte sull'argomento difendendo e definendo meglio la sua posizione.

In Clark (in corso di pubblicazione), si oppone alla condizione di intenzionalità intrinseca (non convenzionale) imposta ai processi mentali da Adams e Aizawa, proponendo il caso di qualcuno che pensa ai diagrammi di Eulero. Secondo Adams e Aizawa, le operazioni nella nostra testa sui cerchi di Eulero non avrebbero il significato normalmente attribuitegli (dal momento che per loro un significato convenzionale non può essere nella testa) e le operazioni sui cerchi di Eulero sulla carta non sarebbero cognitive (poiché, sempre secondo loro, si svolgono su significato convenzionale e non naturale). Eppure ci troviamo di fronte a un caso di contenuto genuino, non-derivato, ma convenzionale; cosa che compromette la solidità concettuale del contenuto intrinseco e dimostra che la divisione tra significato naturale e convenzionale è ingiustificata. La pretesa di escludere dal campo della cognizione tutta una serie di risorse che abbiamo imparato ad usare semplicemente perché il loro significato è stabilito in modo convenzionale sembra davvero una testardaggine che restringe in modo esagerato le operazioni cognitive che possiamo svolgere.

Molto preciso e interessante è il saggio di Menary (in corso di pubblicazione) in cui propone che l'ipotesi della mente estesa vada inserita in un progetto più radicale che chiama "integrazione cognitiva", cioè l'idea che veicoli e processi interni ed esterni siano integrati in un tutto.

Come prima cosa definisce quattro tesi che compongono l'integrazione cognitiva:

  • Manipolazione

Spesso l'agente porta a termine un "compito cognitivo" manipolando veicoli esterni nell'ambiente, in modo individuale o cooperativo. [Nome da Rowlands (1999)].

Questa è la tesi più spesso criticata dagli internalisti. Secondo Menary, ci sono tre classi di manipolazione:

  • casi biologici di accoppiamento. (per es. fenotipo esteso o visione animata; Ballard (1991), Gibson (1979), O'Regan & Noe(2001))
  • casi di azioni epistemiche. Kirsh & Maglio(1994), Clark (1997, 1998, 2003)
  • casi di pratiche cognitive. Forse il più importante. Per es. algoritmi matematici Rumelhart & McClelland (1986)
  • Mente ibrida

La cognizione deve essere intesa come integrazione tra veicoli/processi interni e esterni

  • Trasformazione

La nostra capacità di manipolare oggetti esterni è frutto di una trasformazione, un apprendimento, una pratica che abbiamo imparato a svolgere.

  • Norme cognitive

La nostra capacità appresa di manipolazione di oggetti esterni è incomprensibile se non si tengono presenti le norme che abbiamo imparato ad applicare (si pensi alle notazioni matematiche)

Quindi controbatte all'accusa della fallacia dell'accoppiamento mossa dagli internalisti, poiché l'idea dell'esistenza di un agente cognitivo Y già formato e ben individuato prima dell'accoppiamento con X è essa stessa una forma residua di internalismo. L'agente Y sorge in virtù della manipolazione di X. Otto è un agente cognitivo in grado di ricordare proprio perché il suo taccuino forma un unico sistema insieme ai suoi processi interni. Inoltre gli integrazionisti non sostengono affatto che ci sia una somiglianza tra processi interni ed esterni, é proprio la loro differenza che permette di ampliare le capacità cognitive.

In definitiva mi sembra che le accuse reciproche tra i due schieramenti – talvolta implicite, talvolta esplicite – riguardano spesso un punto più generale. Gli internalisti etichettano i sostenitori della mente estesa come comportamentisti poiché ritengono che qualsiasi cosa equivalente ad un sistema cognitivo sia un sistema cognitivo. Gli esternalisti ribattono sostenendo che la loro non è una posizione comportamentista, ma funzionalista e sospettano che gli internalisti di essere degli inguaribili essenzialisti.

Infine sempre su questo punto e sul rapporto tra Extended Mind e Embodied Mind, mi sembra interessante riportare queste chiare parole di Di Francesco (2004), "… una concezione del mentale … che assimila la mente all'elaborazione dell'informazione non solo è compatibile, ma in qualche senso conduce verso, due direzioni apparentemente opposte ma in realtà complementari: embodiement (incorporazione: ovvero l'intrusione della mente nel corpo), e de-embodiment (scorporazione e/o mente distribuita: ovvero l'intrusione della mente nel mondo."



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