Robert A. Wilson,
“Meaning Making and the Mind of the Externalist”.
In R. Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, di prossima pubblicazione.
“Meaning Making and the Mind of the Externalist”.
In R. Menary (ed.), The Extended Mind, Ashgate, di prossima pubblicazione.
(Riassunto dell'articolo)
L'originale può essere scaricato qui.
In questo articolo Wilson persegue due scopi:
- Riconcettualizzare il problema dell’intenzionalità alla luce della tesi della mente estesa.
- Offrire un nuovo argomento – chiamato “meaning making” in sostegno di tale tesi.
L’intenzionalità e la mente
Il problema dell’intenzionalità può essere riassunto così:
- Esistono cose nel mondo che sembrano possedere una proprietà speciale, l’intenzionalità
- Il problema dell’intenzionalità ha tre aspetti:
- che cosa è l’intenzionalità?
- quali cose possiedono intenzionalità e quali no?
- perché le cose che possiedono intenzionalità l’hanno proprio su una determinata cosa, perché proprio su quel tale contenuto?
Teorie più diffuse: ‘informational semantics’ (Dretske), ‘causal theories of representation’ (Fodor), ‘biosemantics’ (Millikan).
Tra le cose che hanno intenzionalità troviamo sicuramente: linguaggio e pensieri. Ma anche segnali stradali, testi scritti, gesti, programmi di computer, ecc..
Sembra corretto affermare che tutta l’intenzionalità derivi dalla mente. Quindi la mente ha intenzionalità originale, le altre cose hanno un’intenzionalità derivata.
Wilson ritiene corretto ridurre tutto il problema dell’intenzionalità al problema dell’intenzionalità della mente, ma ritiene erroneo che in questo modo si riduce tutto a qualcosa che “sta nella testa”, poiché non è detto che tutto il mentale sia nella testa.
Esternalismo cognitivo e mente estesa
La posizione più comune nella breve storia della scienza cognitiva e in quella più lunga della filosofia della mente ritiene che la mente sia individuale, separata dall’ambiente fisico e sociale in cui la conoscenza avviene. I processi cognitivi non solo sono individuali, ma possono essere studiati come se l’individuo fosse l’unica cosa esistente al mondo [solipsismo metodologico di Fodor].
Questa prospettiva è stata rifiutata dagli esternalisti. Prime forme di esternalismo: argomenti di Putnam e Burge sull’adeguatezza di una visione individualistica della mente nello spiegare adeguatamente il significato o il contenuto mentale. Wilson chiama questo tipo: esternalismo tassonomico. Forme più recenti e radicali di esternalismo vengono chiamate:
- ‘locational externalism’ da Wilson
- ‘environmentalism’ da Rowlands
- ‘extended mind thesis’ da Clark e Chalmers
- Non si basano sulla differenza di contenuto di due stati intenzionali individuali; ma fanno appello alla natura stessa dei processi cognitivi che vengono ritenuti estesi nel mondo.
- Non riguardano solo il modo in cui parliamo della mente, ma sono posizioni ontologiche su cosa è la mente.
Argomenti per la cognizione estesa
- Argomenti riguardanti l’intenzionalità
Quelli tradizionale di Putnam e Burge sul contenuto e quello che Wilson vuole proporre anche se quest’ultimopuò essre classificato anche all’interno di quelli sulla cognizione attiva.
- Argomenti riguardanti la cognizione attiva
Sono chiamati così perché fanno appello all’esercizio attivo delle capacità cognitive nel mondo reale (Clark, Haugeleand, Hurley, Rowlands, Wilson) e richiamano una serie di lavori nel campo della psicologia percettiva, da quelli di Ballare a quelli di Balalrd e O’Regan. Considerano fondamentale l’integrazione tra gli individui e il loro ambiente biologico e artificiale.
- Argomenti riguardanti fantasie cyborg
Dovuti principalmente a Clark, sono simili agli argomenti sulla cognizione attiva poiché ritengono che nell’esercizio delle capacità cognitive si stabilisce una sorta di loop causale che si estende al di là dell’individuo. Come non tutte le risorse usate per costruire un organismo sono genetiche (interne all’individuo), così non tutte le risorse (veicoli nella terminologia di Hurley e Rowlands) cognitive sono interne alla testa dell’individuo. Ma come quelli tradizionali di Putnam e Burge sono soprattutto delle ‘pompe di intuizione’; e immaginano di estendere le tecnologie attuali ad altre più futuristiche e più integrate nel corpo biologico dell’individuo. (Otto è il più conosciuto cyborg)
L’argomento che si basa sul “meaning making”
- Le menti sono macchine intenzionali o motori semantici.
- Le macchine intenzionali o i motori semantici rilevano e creano significato.
- La rilevazione e la creazione di significato implicano l’integrazione di risorse cognitive interne e esterne. [l’internalista non lo concederebbe]
- Le risorse cognitive interne sono parte della struttura della macchina intenzionale che rileva e crea significato.
- Le risorse cognitive esterne spesso giocano un ruolo funzionale identico o simile alle risorse cognitive interne nel rilevamento e nella creazione di significato. [l’internalista non lo concede]. Quindi,
- Le risorse cognitive esterne, come quelle interne, sono parte della struttura delle macchine intenzionali che rilevano e creano significato.
- La tesi della mente estesa è vera.
Significato, risorse esterne, fondamentalità
L’argomento del “meaning making” può essere contraddetto in tre punti:
- Si potrebbero negare che le prime due premesse e ritenere che le menti non elaborano azioni o entità nel mondo
- La nozione di risorsa cognitiva esterna potrebbe essere considerata un ossimoro poiché le risorse cognitive sono sempre interne.
- Anche accettando i due punti precedenti si potrebbe sempre ritenere che sussista un’asimmetria tra risorse interne e esterne.
- La prima premessa rappresenta una petizione di principio?
Wilson ritiene che tali concezioni sul significa e sulle rappresentazioni siano errate, ma qui si tratta di verificare se la prima premessa rappresenta una petizione di principio a favore della mente estesa. Secondo Wilson no, perché le premesse (a) e (b) possono essere interpretate in un modo neutrale rispetto a come operano le rappresentazioni mentali. Tutto ciò che deve essere concesso è:
- Gli agenti hanno qualche tipo di rappresentazione mentale che giocano un ruolo nella percezione e nel comportamento.
- Quali che siano tali rappresentazioni mentali, siano esse tutte nella testa o no, spesso sono provocate e provocano azioni, eventi e oggetti che non sono limitate alla testa.
- “Risorsa cognitiva esterna” è un ossimoro?
- Le risorse interne sono più fondamentali di quelle esterne?
Ripensare il problema dell’intenzionalità
L’esternalismo ci permette una migliore concettualizzazione del problema dell’intenzionalità in almeno tre modi:
- Ampliando il concetto di rappresentazioni mentali sia a risorse interne che a risorse esterne, in realtà la tesi della mente estesa dissolve il problema delle caratteristiche essenziali del mentale.
- La tesi della mente estesa sposando una visione attiva della cognizione, sposta l’attenzione da ‘cose’ come le rappresentazioni ad ‘attività’, come l’atto del rappresentare, dal momento spesso motorie, corporee, e nel mondo.
- Quindi non cerchiamo più l’essenza delle rappresentazioni e ci focalizziamo sulle attività, ma la metodologia più appropriata in questo compito non è la tradizionale analisi concettuale ma un’indagine pluridisciplinare
1 commento:
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